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Quando l’accoglienza fa la differenza in rsa

Quando l’accoglienza fa la differenza in rsa

Nel mondo delle rsa, le figure professionali che vi gravitano all’interno sono molte e diverse, non solo prettamente sanitarie ma anche amministrative. Almeno per me, come direttore di strutture, nessuna figura professionale ha più o meno importanza di un’altra, perché ho sempre inteso il lavoro come di gruppo e il risultato di tutti, con l’unica vera differenza: ognuno per propria competenza. L’accoglienza di una struttura, ufficio e personale preposto, a volte unito alla gestione amministrativa e contabile dell’rsa, è l’inizio di un percorso, di un ingresso, di quella che sarà la sua storia e con essa quella dei familiari.

Una professione che ai non addetti potrebbe sembrare facilmente ricopribile, non richiedendo competenze specifiche particolari, a meno che non si ci occupi anche della parte contabile di struttura. Ma in realtà l’accoglienza racchiude ed esige determinate qualità non proprio alla portata di tutti.

Non serve avere per forza esperienze pregresse simili: potrebbe fare tranquillamente meglio anche una persona che non lo abbia mai fatto. In fondo quanti mestieri si imparano sul campo partendo da zero: io non sono nato direttore di rsa, ci ho messo dieci anni prima di assumere il primo incarico e quando ho incominciato molti anni fa, proprio l’accoglienza era stata la mia prima scuola sul campo e per questo la ricordo come un periodo e uno spazio lavorativo altamente formativo.

Il lavoro dell’accoglienza è estremamente trasversale: è la porta di accesso ai servizi della struttura, l’immagine che un’azienda dà di sé, a partire in alcuni casi dal primo contatto telefonico, prima ancora di potersi conoscere direttamente. Non bastano brochure esplicative e moltitudini di servizi per ottenere la conferma di un ingresso: devi saperli spiegare, conoscerli, saper infondere fiducia e serve tempo.

Esclusi ricoveri in urgenza, i famigliari del futuro ricoverato difficilmente chiederanno informazioni in una sola rsa, magari la più vicina: ne visiteranno molte prima di  fare la scelta finale, ponderando servizi, disponibilità e qualità, quella che una buona accoglienza capace, sarà in grado di potervi spiegare facendo fronte oggi più che mai alle innumerevole domande sui servizi e la loro erogazione.

Un’accoglienza dovrà essere trasparente, disponibile ma soprattutto empatica. Questa è una caratteristica che, è vero, puoi lavorarci sopra, ma se non l’hai, difficilmente potrai svilupparla. Ma fa la differenza: chi accede per informazioni porta con sé del dolore, delle necessità, le preoccupazioni per un proprio familiare, spesso un genitore, il desiderio di dargli il meglio, un possibile senso di colpa sul quale lavorare, una sua unicità, una loro storia.

Non offriamo e quindi commercialmente vendiamo un servizio qualunque, ma un servizio sanitario, non abbiamo a che fare con la produzione e vendita di beni materiali, gestiamo volenti o nolenti emozioni siano esse positive o negative e soprattutto persone, individui unici.

Il personale dell’accoglienza dovrà poi essere in grado di gestire in modo consapevole le priorità del servizio, sarà raccordo burocratico continuo con i reparti assistenziali, punto per la raccolta e gestione delle esigenze in continuo durante tutta la degenza, dei famigliari e nei casi di ospiti maggiormente autosufficienti, delle loro richieste dirette.

Un personale come abbiamo descritto fondamentale, che lavora in una quotidianità per niente facile e che deve abituarsi a una tenuta comportamentale e di approccio verso le problematiche, spesso molte, per nulla scontata.

In conclusione, il lavoro degli addetti all’accoglienza è e rimane se non per competenze specifiche all’ingresso, una professione per la quale le necessità e l’ambiente lavorativo chiederanno molto e probabilmente sempre di più, il punto al quale chiedere un aiuto, un indirizzo dove fermarsi per trovare qualcuno disposto a comprendere sempre e comunque nei momenti più bui e tormentati, dove i piccoli gesti della quotidianità costruiscono rapporti saldi e fanno la differenza sulla distanza.

Un allenatore famoso di calcio ultimamente ha detto: “Per vincere devi almeno avere un buon portiere e un attaccante”. Per me, loro sanno fare tutte e due.

Grazie, per il lavoro che le Accoglienze svolgono ogni giorno.

Andrea Benelli

Andrea Benelli nasce a Genova il 14 marzo 1977. Sposato, un figlio, entra per caso nel mondo delle rsa nel 2007. Ha quasi trent’anni e il titolare di una struttura genovese cerca un ragazzo che gli dia una mano a gestirla. Così, dopo diverse esperienze lavorative, inizia il suo percorso nel mondo del socio-sanitario, allora completamente sconosciuto. Dal 2007, diversi incarichi professionali si susseguono e uniscono insieme ai diversi cambi di proprietà, diventa responsabile del personale, responsabile amministrativo, degli acquisti, qualità e sicurezza. Dal 2017 ricopre incarichi di direttore gestionale per rsa.

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