Parallelamente all’aumento del numero degli anziani e dei malati cronici in Italia, cresce anche la spesa socio-sanitaria, stimata in quasi 42 miliardi di euro, di cui circa il 25% (12 miliardi), pesa sulle spalle delle famiglie italiane che li spendono per assistere i propri cari. Questi i numeri del report della Fondazione Gimbe (dati 2017), recentemente presentato al 76esimo Congresso Nazionale Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg).
La spesa sanitaria per le cure a lungo termine include l’insieme delle prestazioni erogate a persone non autosufficienti che, per vecchiaia, malattia cronica o disabilità mentale, necessitano di assistenza continuativa.
I 42 miliardi che il report Gimbe stima per il 2017 sono così ripartiti: 513,6 milioni del Fondo Nazionale per la non autosufficienza; almeno 435,5 milioni dei Fondi regionali per la non autosufficienza; 4 miliardi dai Comuni; quasi 28 miliardi di prestazioni Inps che includono pensioni di invalidità, prestazioni assistenziali, indennità di accompagnamento, pensioni agli invalidi civili e permessi retribuiti; infine 12 miliardi a carico delle famiglie. In particolare, in quest’ultima voce rientrano 5 miliardi di servizi regolari di badantato, 4 miliardi di costi indiretti per mancato reddito dei caregiver e 3 miliardi di spese aggiuntive out of pocket. Cifre a cui va aggiunta la spesa per le badanti irregolari (compresa tra 6 e 10 miliardi).
«I bisogni sociali – spiega Nino Cartabellotta, presidente Gimbe – condizionano la salute delle persone, quindi è fondamentale integrare la spesa sanitaria con la quella sociale di interesse sanitario e costruire un servizio socio-sanitario nazionale». In questo modo si permetterebbe di ottimizzare l’uso del denaro pubblico e migliorare i risultati sulla salute.