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“Touch Me Not”: il documentario di Adina Pintilie sulla ricerca di intimità

“Touch Me Not”: il documentario di Adina Pintilie sulla ricerca di intimità
intimità

LA BERLINALE

La Berlinale, ovvero il Berlin International Film Festival, è uno dei festival cinematografici più prestigiosi al mondo. È considerato uno dei “Big Three”, insieme al Festival di Cannes e alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Sin dalla sua fondazione, nel 1951, il festival si concentra sulla presentazione di una vasta selezione di film provenienti da tutto il mondo, promuovendo la diversità culturale e l’innovazione nel cinema. Ma non solo, nel tempo ha guadagnato la reputazione di festival più trasgressivo e irriverente d’Europa. Molti registi e cineasti che partecipano al festival, infatti, sono noti per sfidare le convenzioni e affrontare temi controversi o provocatori attraverso i loro lavori.

TOUCH ME NOT, IL VINCITORE PERFETTO PER LA BERLINALE

È il caso, ad esempio, di Touch Me Not – Ognuno ha diritto ad amare, film diretto da Adina Pintilie, che ha vinto l’Orso d’oro per il Miglior Film al Festival di Berlino nel 2018. Anche se spesso è descritto come un documentario, il film ha una struttura ibrida che combina elementi di finzione e realtà. Affronta temi intimi e complessi legati all’intimità, alla sessualità e all’immagine del corpo.

Se una trama può essere individuata, vede una donna, Laura, che non può sopportare di essere toccata. Prova anche con un giovane che si prostituisce ma non riesce a superare il suo problema. Christian soffre di una disabilità grave e parla con grande sincerità dei propri desideri in campo sessuale e dell’amore per la sua compagna. I due partecipano a un workshop in cui sono presenti persone di varia età, nonché Tudor, il quale ha già conosciuto e accettato le molteplici forme del suo desiderio e ora accompagna altri sul medesimo cammino.

Touch Me Not è il vincitore perfetto per la Berlinale perché, com’è nella tradizione del Festival, il film, già ibrido e “diverso” nella sua struttura, promuove l’accoglienza della diversità e la riflessione su molti dei tabù che riguardano la sfera sessuale, partendo proprio dal principio, dal gesto primordiale e problematico della storia dei rapporti tra gli umani: il tocco.

PERCHÉ GUARDARE TOUCH ME NOT

L’opera prima di Adina Pintilie non è solo un film, è un’esperienza così intima e profonda che o la si abbandona dopo pochi minuti, appunto perché non si riesce a sopportare la forza di quell’intimità, o si finisce per rischiare di porsi le domande che il film vuole porre.

Touch Me Not è un viaggio alla scoperta di sé. Ma come film, è anche un esperimento coraggioso che porta al cinema temi, persone, corpi ed emozioni che normalmente non si vedrebbero mai.

La stessa Pintilie, nelle sue note di regia, afferma che il suo film è «una ricerca artistica sul desiderio umano e sulla (in)capacità di toccare e di essere toccati, di entrare in contatto con il mondo». E aggiunge: «Touch Me Not si propone di diventare uno spazio di (auto)riflessione e trasformazione, dove lo spettatore viene sfidato ad approfondire la sua conoscenza della natura umana e a rivalutare la propria esperienza e le proprie idee sulle relazioni intime, con particolare attenzione alla de-oggettivazione e alla personalizzazione dello scambio umano, alla stimolazione della nostra curiosità dell’Altro e alla nostra capacità empatica di metterci nei suoi panni».

PERCHÉ NON GUARDARE TOUCH ME NOT

Proprio per la sua natura trasgressiva e irriverente, la Berlinale non ha gli stessi ammiratori che possono vantare Cannes e Venezia; è solitamente apprezzata da un tipo di pubblico che ama tutto ciò che ha a che fare con la sperimentazione e l’anticonvenzionale.

Nel caso di questo film, quindi, la fruizione da parte dello spettatore può essere più complessa data la stratificazione di livelli e di significati, la finzione e la realtà continuamente messe alla prova, e in più l’aspetto documentaristico che intervalla la narrazione. Inoltre, le questioni dell’intimità e del desiderio vengono indagate con una profondità tale da poter disturbare un certo tipo di spettatore, nonostante il film lo faccia sempre con una grazia e con una gentilezza nei confronti dei corpi verso i quali invita lo sguardo, che non può non arrivare al cuore di chi decide di guardare.

Giuseppe Pipino

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