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Ricominciare dopo il divorzio: anche dopo i 50 anni si può

Ricominciare dopo il divorzio: anche dopo i 50 anni si può
Ricominciare dopo il divorzio: anche dopo i 50 anni si può
Il divorzio è un fenomeno ormai entrato nei costumi e tutte le età ne sono ora interessate: la separazione non è più un tabù e sono lontani i giorni in cui una coppia viveva “separata in casa” pur di mantenere le apparenze. La separazione dunque rappresenta il momento della rottura di un legame. Che sia stata positiva…

Il divorzio è un fenomeno ormai entrato nei costumi e tutte le età ne sono ora interessate: la separazione non è più un tabù e sono lontani i giorni in cui una coppia viveva “separata in casa” pur di mantenere le apparenze.

La separazione dunque rappresenta il momento della rottura di un legame. Che sia stata positiva o negativa la relazione interrotta sarà stata comunque importante: anche “litigare” va considerato come un modo di relazionarsi e di relazionarsi “in presenza” dell’altro.

La “rottura del legame” rappresenta un momento critico che comporta un’intera riorganizzazione della vita, in cui pesano  i dispiaceri ma anche le difficoltà di cambiare e ri-progettarsi un’esistenza “senza l’altro”. Dopo alcuni mesi o settimane di depressione, comincia a insorgere verso l’ex partner un sentimento di rabbia. Mentre prima ci si dava tutte le colpe del mondo, adesso tutti i torti vengono attribuiti al partner. Ci si percepisce come la vittima di una persona indegna che ci ha rovinato la vita.

Secondo i dati Istat i matrimoni più recenti durano di meno. Dal 1985 a oggi, le unioni interrotte dopo sette anni da una separazione sono più che raddoppiate, passando dal 4,5% al circa il 10%. L’età media della separazione è di 47 anni per i mariti e di 44 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 49 e 46 anni. Questi valori sono aumentati negli anni per effetto della posticipazione delle nozze in età più mature e per la crescita delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne.

I separati over 50 di oggi possono vivere una “seconda giovinezza” che li attende quando vengono meno i vincoli lavorativi e dei figli. Oggi in Italia l’aspettativa di vita media si aggira attorno ai 82-83 anni, perciò gli over 50, posseggono una buona aspetttativa di vita e non vogliono perdere tempo con la persona sbagliata.

La separazione consente di stare da soli e di concentrarsi sui propri bisogni e desideri, senza doversi preoccupare dell’opinione di un’altra persona, recuperando delle domande lasciate in secondo piano su ciò che si vuole veramente.

L’esperienza comune di una lunga vita con un partner, insieme a una profonda riflessione sulla propria identità e sulle proprie esigenze è un elemento importante. Gli over 50 che hanno seguito questo percorso sanno esattamente quello che vogliono e cosa si aspettano da un nuovo partner, se desiderato.

Per ricominciare davvero occorre prima “slegarsi” e quindi per aprire lo spazio nuovo, bisogna almeno far tesoro degli errori commessi, individuando come è stato scelto il precedente partner, che tipo di relazione si è instaurata e che cosa della relazione ha incrinato l’equilibrio. Inoltre occorre tenere a mente che l’altro esiste per noi finché “lo pensiamo”, e non importa se lo pensiamo bene o male: non è sufficiente una presenza fisica ridimensionata, quindi in entrambi i casi costituisce una  presenza nel nostro spazio vitale.

Dopo aver attraversato tutte le emozioni dolorose che l’elaborazione del divorzio comporta, ci si rende conto che la vita offre numerose prospettive al di là del matrimonio. Inoltre, molte persone escono dalla separazione con una rinnovata autostima e con una maggiore consapevolezza delle proprie capacità proprio perché hanno dovuto cavarsela da sole e padroneggiare sfide che ritenevano di non essere in grado di affrontare. Tutte le esperienze negative offrono anche  una possibilità di crescita  e  una tipica reazione che si prova dopo la fine di una relazione, è la consapevolezza di quanto di se stessi  si è sacrificato nel matrimonio.

Infatti, spesso per tenere in piedi un rapporto, specialmente quando non funziona, si è costretti ad accantonare sogni, interessi, preferenze e aspirazioni. Con la separazione gradualmente si comincia a diventare consapevoli e a ricoprire aspetti della propria personalità che erano stati annullati nella coppia. Questo riprendere possesso di interessi e potenzialità dimenticate è sempre un momento entusiasmante: si ha l’impressione di vivere una seconda adolescenza e di poter fare delle scelte più in sintonia con i bisogni profondi. Uno dei possibili doni che la fine del matrimonio comporta è quello di potersi riappropriare di se stessi, anche in campo affettivo.

La rottura di una relazione affettiva importante coinvolge sempre dei livelli molto profondiÈ la rottura di un progetto di vita e di una forma di “affidamento” all’altro: è una trasformazione che scuote fin nelle radici. Uno studio americano rivela che il dolore per una storia finita non riguarda la perdita del coniuge o i timori per il futuro, ma la capacità perduta durante il matrimonio di amare se stessi.

Il divorzio è sempre un momento difficile da affrontare sia sul piano pratico che psicologico, ma non tutti lo vivono allo stesso modo. C’è chi supera il trauma dopo qualche mese, chi si lascia tutto alle spalle all’istante, chi impazzisce di rabbia e chi va in depressione e non riesce più a rifarsi una vita.

Lo psicologo David A. Sbarra dell’università dell’Arizona, con i colleghi Hillary L. Smith e Matthias R. Mehl, ha studiato le dinamiche psicologiche dei divorziati e le differenti capacità di reazione, concludendo che, al di là della situazione specifica, tutto dipende dal livello di “self compassion” di ognuno. Più si è indulgenti e generosi con se stessi, meglio si affronterà il dolore.

A dilaniare, durante una separazione, non è la perdita del coniuge o la consapevolezza degli sforzi economici che si dovranno affrontare, ma l’incapacità di perdonarsi e lasciarsi scivolare addosso le cose. Abituate a preoccuparsi dell’altro e della famiglia, molte persone dimenticano come si fa a volersi bene, pretendono da sé la perfezione e si addossano, al momento di divorziare, colpe che non hanno.

Per quanto affrontato egregiamente, un divorzio suscita sempre, sensazioni di perdita e di fallimento, anche quando sembra prevalere un sentimento di liberazione. I più felici e con una risoluzione della sofferenza più veloce saranno coloro che hanno a cuore la propria persona non meno di quella altrui.

“L’autocompassione – spiega Sbarra – può promuovere la resilienza, ovvero la capacità dell’uomo di affrontare e superare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzato e addirittura trasformato positivamente”.

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