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Prevenzione del cancro colorettale, Fismad agli over 50: il test ogni due anni

Prevenzione del cancro colorettale, Fismad agli over 50: il test ogni due anni

Sono in netto calo, in Italia, gli screening per la prevenzione del cancro colorettale. A lanciare l’allarme è la Fismad, Federazione società malattie apparato digerente, che riprende i dati dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Nazionale Screening sui ritardi accumulati negli screening a causa della pandemia.

In netto calo, nel 2020, i test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (- 45%, con punte di -87% in Calabria), che hanno registrato nel nostro Paese una flessione di 1.100.000 unità rispetto al 2019, con un ritardo medio nazionale di 5,5 mesi nei programmi di screening. E ancora: si calcola che nel 2020 siano stati persi alla diagnosi dello screening 1.300 cancri e 7.400 adenomi avanzati – vale a dire polipi in avanzato stadio di trasformazione verso il tumore.

In questo contesto Fismad che rilancia con forza la campagna di sensibilizzazione per la prevenzione del cancro colorettale (CCR) e l’appello a fare il test, specialmente agli over 50, ai quali l’invito della federazione è di eseguire l’esame ogni due anni.

Meno Screening, maggior rischio di diagnosi di tumori e mortalità

I dati disponibili mostrano come le riduzioni del volume di attività di prevenzione del cancro colorettale, mantenute nel tempo, possano rapidamente ridurre l’effetto protettivo dello screening, e in particolare aumentare la diagnosi di tumori in stadio più avanzato (+3%) e la mortalità per Ccr (+12%). È quindi necessario riavviare al più presto i programmi su tutto il territorio nazionale. Infine, gli effetti negativi della pandemia sono stati amplificati dal fatto che la partecipazione della popolazione si è ridotta del 20%. Ma non solo: se nelle persone con riscontro di sangue occulto nelle feci al test di primo livello che non hanno potuto eseguire la colonscopia a causa della pandemia non verrà recuperato tale esame, e passeranno invece all’invito successivo, il danno delle lesioni non diagnosticate potrebbe diventare clinicamente importante, con raddoppio del rischio di mortalità per Ccr.

Meno inviti a fare il test e screening in calo, con ritardi superiori ai 5 mesi

Dall’1 gennaio al 31 dicembre 2020, in Italia sono stati inviati 2 milioni di inviti in meno a fare il test del sangue occulto nelle feci (-32%), con una flessione che ha raggiunto punte del 70% in Basilicata) rispetto allo stesso periodo del 2019. Di conseguenza si è registrato un calo degli screening (ricerca sangue occulto o sigmoidoscopia) pari a 1.110.000 unità, con una flessione media del 45% (con punte dell’87% in Calabria). E ancora: alla fine dello scorso anno, il ritardo medio accumulato dai programmi di screening era di 5,5 mesi, con punte molto più alte nelle regioni più colpite dalla pandemia, come, per esempio, la Lombardia, con 9 mesi di ritardo.

Persi alla diagnosi screening 1.300 cancri e 7.400 adenomi avanzati

Sulla base degli esami in meno effettuati e dei tassi attesi di lesioni riscontrate dallo screening negli anni 2016-2018, si calcola che nel 2020 siano stati persi alla diagnosi dello screening 1.300 cancri e 7.400 adenomi avanzati – vale a dire polipi in avanzato stadio di trasformazione verso il tumore.

La prevenzione primaria inizia dalla sana alimentazione

L’alimentazione sana è la prima forma di prevenzione. Si sa che la relazione causale tra consumo di carne processata e carne rossa e Ccr è stata stabilita dalla Who, con un aumento del 18% di rischio di sviluppare Ccr per ogni 50 gr/al giorno di incremento di consumo di carne processata, e un aumento del 17% per ogni 100 gr di consumo di carne rossa. Un aspetto meno noto all’opinione pubblica è la possibilità di assunzione di sostanze cancerogene, con documentata relazione causale con il Ccr, dipendenti dalla modalità di cottura della carne (idrossicarburi aromatici policiclici, amine eterocicliche).

Cottura alla griglia e in padella più a rischio di produrre sostanze cancerogene

Un ampio studio statunitense recentemente pubblicato dalla rivista medica Food and Chemical Toxicology (Fct) mostra che gli uomini consumano più carne rossa che bianca rispetto alle donne e sono esposti a maggiori quantità di sostanze cancerogene; lo studio rivela che le modalità di cottura delle carni rosse e processate più a rischio di produrre sostanze cancerogene sono il barbecue e la cottura in padella, modalità utilizzate nel 68% dei casi dai partecipanti all’indagine. È importante, quindi, scegliere modalità di cottura alternative per minimizzare la formazione di composti cancerogeni: per esempio, per la cottura in padella di un hamburger viene suggerito di girare la carne ogni minuto e di non innalzare troppo la temperatura della padella, per evitare di carbonizzare o cuocere troppo la carne.

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