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Le poesie dell’estate: meraviglia e suggestione

Le poesie dell’estate: meraviglia e suggestione
poesie estate

L’estate trasforma il mondo in un tripudio di colori, suoni e profumi. L’aria è impregnata di dolci fragranze, i prati si tingono di colori, e il sole regala giornate luminose e calde. Questa stagione magica ha ispirato poeti di ogni epoca, spingendoli a catturarne l’essenza in versi immortali.

La natura in festa

L’estate è un’esplosione di vita, e i poeti hanno trovato nella natura la musa perfetta per celebrare questa stagione. I prati fioriti, i campi dorati di grano, gli alberi carichi di frutti succosi sono solo alcune delle immagini che riempiono le pagine delle poesie estive. Dai classici ai contemporanei, i poeti ci trasportano in un viaggio tra colline verdi, boschi ombrosi e coste battute dalle onde del mare, catturando la bellezza e la generosità della natura in festa.

L’infinito azzurro del cielo

Il cielo estivo, con il suo blu intenso e luminoso, diventa il protagonista di molte poesie. È descritto come un vasto oceano di serenità e speranza, un invito a sognare e a liberare la mente. L’infinito azzurro del cielo è una metafora potente per esprimere la grandezza dell’universo e il mistero dell’essere umano.

Il fascino del mare

I poeti non possono fare a meno di essere catturati dal fascino e dalla suggestione del mare. Le onde che accarezzano la riva, la sabbia calda tra le dita dei piedi, il profumo salmastro dell’aria: tutto ciò diventa fonte di ispirazione per esplorare emozioni di libertà, nostalgia e desiderio.

Mentre il sole illumina le giornate estive, le poesie che ne raccontano illuminano l’anima, ricordandoci di cogliere l’essenza di ogni attimo e di lasciarci trasportare dalla magia dell’estate. Quindi, immergiamoci nei versi di questi poeti, lasciandoci trasportare dalla loro poesia e dalla gioia che risplende in ogni riga di alcune delle poesie più famose.

 

“Ode all’estate”

di Pablo Neruda

Oh estate
abbondante,
carro
di mele
mature,
bocca
di fragola
in mezzo al verde,
labbra
di susina selvatica,
strade
di morbida polvere
sopra
la polvere,
mezzogiorno,
tamburo
di rame rosso,
e a sera
riposa
il fuoco,
la brezza
fa ballare
il trifoglio, entra
nell’officina deserta;
sale
una stella
fresca
verso il cielo
cupo,
crepita
senza bruciare
la notte
dell’estate.

 

“Estate”

di Salvatore Quasimodo

Cicale, sorelle, nel sole
con voi mi nascondo
nel folto dei pioppi
e aspetto le stelle.

 

“Meriggiare pallido e assorto”

Di Eugenio Montale

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
 
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
 
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
 
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Marta Fiandri

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