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Klondike, un film contro la guerra

Klondike, un film contro la guerra
Klondike

Maryna Er Horbac è la regista di Klondike, che ha partecipato al Trieste Film Festival 34. Ancora in corso fino al 28 gennaio, ha scelto fra le opere da mostrare per la rassegna “Wild Roses“, dedicata a registe donne emergenti dell’Europa centro-orientale. Quest’anno tocca alle Ucraine, con una decisione precedente alla guerra scatenata dai Russi nel 2022. La scelta era conseguenza di una crescita di capacità espressive delle donne registe del cinema ucraino, che non era sfuggita al comitato selezionatore del Festival.

Maryna, che si è vista premiare per questo film al Sundance FF e alla Berlinale, ci svela che il titolo, da alcuni criticato perché fuori del contesto, ha più di un significato. Nasconde una polemica verso gli USA, da lei accusati di non aver aiutato il popolo ucraino durante gli scontri del 2014 in Donbass. La prima interpretazione da lei fornita è per la similitudine fra il ricco Donbass e la terra dell’oro, bagnata dal fiume Klondike, che si trova in Canada.

Al di là dei significati reconditi, non possiamo non riconoscere alla regista l’abilità narrativa per immagini, che dà sapore a certi atti quotidiani come mettere sul fuoco i pomodori per fare la passata. La protagonista, Irka, volitiva moglie di Tolik, sebbene incinta del primo figlio, continua a svolgere lavori talvolta pesanti per portare avanti il ménage quotidiano.

Un film sulla guerra, ma non quella di oggi

Siamo nel 2014, anno in cui è iniziato da parte della Russia il rosicchiamento delle opulente terre ucraine di sudest che la confinano. La regista, ucraina di nascita e che vive in Turchia, ha continuato ad arrovellarsi sull’offensiva russa alle terre della sua patria fino a esprimerla in questo film, costruito ben prima che i Russi si risvegliassero a febbraio 2022 per continuare l’invasione.

Si può definire un’invettiva contro la guerra, benché, in apparenza, parli di quotidianità di una vita di coppia. Tutti i resoconti basati su esplosioni e distruzioni che i telegiornali ci propinano non danno l’idea di quello che prova veramente chi è, suo malgrado, in territorio percorso da venti di guerra, sotto minaccia di azioni violente e inaspettate. Questo film ci riesce invece molto bene.

La coppia ha una casetta, un magazzino, la stalla con una mucca, animali da cortile, campi coltivati e, soprattutto, una macchina. I separatisti hanno presa di mira la loro casa perché lì possono rifornirsi di cibo, ma soprattutto prendere la macchina continuamente, senza nemmeno chiedere il permesso, incuranti della condizione di gestante della proprietaria.

Trama

Il film inizia con voci fuori campo della coppia: lei sogna ad alta voce migliorie della casa, lui ascolta. Uno scoppio. È una bomba “sbagliata” che distrugge un muro della casa. I detriti cascano sul passeggino. La futura madre, già furiosa per la sottrazione della macchina, se la prende con il marito, accusandolo di ciò che sta succedendo. C’è un dissidio perenne fra loro perché Talik la vuole portare via, e lei non si stacca dalla casa. Il fratello di Irka, che convive con loro, è nemico giurato del cognato, che ai suoi occhi appare fiancheggiare i separatisti.

Ognuno dei due uomini, convinto che Irka deve allontanarsi da quel luogo, la invita a venir via, ma lei rifiuta con forza, chiedendo invece che sia riparato il muro, o che il divano sia pulito dalla polvere dei calcinacci. Il racconto si incupisce con l’incidente dell’aereo MH17, che la regista immagina essere precipitato a pochi passi dalla casa dei protagonisti. Uno schianto fragoroso, 180 morti, il sospetto che ci sia stato un altro “sbaglio” di obiettivo da parte dei soldati locali.

Il numero di vittime, altissimo, viene evocato con potenza, pur senza ricorrere a immagini cruente. La regista lo considera un atto dovuto questo ricordo di un incidente che è stato seppellito frettolosamente, senza averne trovato i responsabili. Lo ricorda mostrando solo un enorme relitto dell’aereo, mentre viene adagiato dalla gru sull’autotrasporto con un suono simile alla voce di una belva morente. Un richiamo alle ultime grida soffocate della vacca, ammazzata da Talik per far mangiare i soldati “che muoiono di fame”.

La guerra sullo sfondo di una vita familiare si fa protagonista crudele e insensata, responsabile del drammatico finale di questo film, efficace inno alla pace infinitamente più potente di tanti discorsi.

 

Lucia Evangelisti Roster

 

klondike

 

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