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In scadenza i “Pandemic Bond” che scommettono sulla pandemia

In scadenza i “Pandemic Bond” che scommettono sulla pandemia

Mercoledì 15 luglio 2020 ultimo giorno delle obbligazioni emesse nel 2017 dalla Banca Mondiale

di Rino Di Stefano

La scadenza è proprio in questi giorni: mercoledì 15 luglio 2020 scadono i due Pandemic Bond emessi nel 2017 dalla Banca Mondiale per “scommettere” sull’andamento delle pandemie nel mondo. Ma andiamo per gradi.

Che cos’è la Banca Mondiale? Leggendo quanto viene scritto su Wikipedia, “La Banca mondiale (in lingua inglese World Bank) comprende due istituzioni internazionali: la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) e l’Agenzia internazionale per lo sviluppo (AIS o IDA), che si sono prefisse l’obiettivo di lottare contro la povertà e organizzare aiuti e finanziamenti agli stati in difficoltà. La sede della Banca mondiale è a Washington e il suo presidente è eletto per cinque anni dal consiglio di amministrazione della Banca. La Banca mondiale fa parte delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite”.

Tornando ai due bond, sono obbligazioni con tassi di interesse molto alti, ma con dei vincoli legati alle pandemie. Il primo di questi bond (ISIN XS1641101172) è abbinato alle pandemie di influenza e coronavirus. Il secondo, invece, (ISIN XS1641101503), è abbinato ad altri tipi di epidemie, come l’ebola.

Se vi domandate come mai qualcuno possa impiegare fior di capitali per investire su tragedie sanitarie mondiali di incredibile portata e tragicità, la risposta è una sola: il profitto. E il dramma è che non ci si può scandalizzare più di tanto, visto che è un fatto assodato che l’unica leva della grande finanza è appunto il profitto. Ed è altrettanto chiaro che il benessere della collettività non rientra davvero nelle prospettive dei grandi finanzieri.

Parlando dell’attuale pandemia, l’Health Emergency Dashboard dell’OMS ci comunica che alle ore 14,34 del 7 luglio 2020 i casi di COVID-19 nel mondo sono stati 11 milioni 500.302, inclusi 535.759 decessi. Questo mezzo milione di morti non riveste alcun interesse per gli investitori. Il loro è un pianeta diverso.

Ma riprendiamo il discorso dei Pandemic Bond. Ufficialmente queste obbligazioni costituirebbero una specie di assicurazione che la Banca Mondiale ha stipulato per fronteggiare le emergenze. Infatti, in caso di pandemie, gli investitori non verrebbero risarciti in quanto, se quest’evenienza dovesse accadere, il denaro dei bond verrebbe versato per intero nel fondo per gestire le pandemie.

In questo modo la Banca Mondiale eviterebbe di cercare finanziamenti se si dovesse trovare nel pieno di una pandemia, ma è altrettanto vero che in quel caso coloro che hanno investito in quei due bond non verrebbero rimborsati di quanto hanno versato per i loro titoli.

Ma è proprio così? Grandi finanzieri internazionali sarebbero davvero disposti a perdere ingentissimi capitali confidando sul fatto che quelle pandemie non scoppieranno mai? La situazione è molto più complicata di quanto non sembri a prima vista.

Diciamo subito che il primo Pandemic Bond emesso dalla Banca Mondiale nel 2017 era di classe A per un valore di 225 milioni di dollari, con rendimento del 7,5%. Il secondo, invece, era di classe B per 95 milioni, con un rendimento del 12,1%.

La Banca Mondiale fa un preciso riferimento al Pandemic Emergency Financing Facility (PEFF) che, viene ufficialmente comunicato, “copre sei virus che hanno maggiori probabilità di causare una pandemia. Questi includono nuovi Orthomyxovirus (nuovo pandemico influenzale A), Coronaviridae (Sars, Mers), Filoviridae (Ebola, Marburg) e altre malattie zoonotiche (Crimea Congo, Rift Valley, Lassa febbre)”. Per la cronaca, le malattie zoonotiche sono quelle che vengono trasmesse dagli animali all’uomo.

I due Pandemic Bond vengono quotati nella Borsa del Lussemburgo, ma non sono negoziati in quanto riservati ad operatori altamente specializzati. Formalmente, verrebbe da dire che i Pandemic Bond siano piuttosto utili, perché la Banca Mondiale prevede che il pagamento del prestito obbligazionario sia rivolto ai 76 Paesi più poveri del mondo.

Non è previsto neanche un centesimo per le epidemie dei Paesi ricchi. Dunque, gli investitori sarebbero dei benefattori disposti a perdere i loro soldi per aiutare le popolazioni più bisognose del mondo? La verità è piuttosto diversa.

Di fatto, le clausole che permetterebbero alla Banca Mondiale di non restituire il capitale ai proprietari delle obbligazioni sono tante e tali che, in ultima analisi, fino ad oggi gli investitori hanno sempre incassato le loro cedole milionarie senza perdere un solo centesimo del loro capitale investito. Per esempio, per operare quel taglio previsto dalle norme, bisogna tener conto del tipo di virus di cui si parla (le percentuali variano da virus a virus), il tasso di crescita dei contagi, il numero dei Paesi coinvolti, la distribuzione dei morti nei diversi Paesi e altre amenità del genere.

Questo sofisticatissimo tipo di contabilità è talmente complicata che a calcolare il rimborso dei bond è preposta soltanto una società altamente specializzata in modelli quantitativi ed econometrici, la Air Worlwide Corporation di Boston.

Ma chi sono questi non meglio definiti “investitori” dei Pandemic Bond? Facciamo alcuni esempi. Tra le società che hanno acquistato i titoli spicca la Amundi, controllata dal Crédit Agricole e nota nel mondo della finanza mondiale per aver acquisito nel 2016 il Pioneer Investment da UniCredit.

Troviamo poi la Invesco, una grande società statunitense di gestione degli investimenti con circa 1000 miliardi di patrimonio. E segue la Baille Gifford, una società britannica di gestione degli investimenti con un capitale di 200 miliardi. Se ci atteniamo ai dati della Banca Mondiale, solo queste tre società gestiscono un patrimonio superiore di almeno tre volte il PIL italiano, corrispondente a circa il 10% del PIL globale. Sono questi i soggetti che, di fatto, condizionano l’economia e la finanza mondiali. Cioè i protagonisti che considerano un Paese tipo l’Italia né più né meno come una fastidiosa pulce.

Abbiamo visto che la divisione dei dividendi è soggetta a tutta una serie di regole più o meno bizantine, difficilissime da interpretare. Una di queste è che certe misure dei Pandemic Bond, per essere adottate, devono prima aspettare che l’OMS dichiari ufficialmente lo stato di pandemia. Farlo prima o farlo dopo determina un grosso favore, o un danno, agli investitori.

Bisogna dunque domandarsi se l’operato dell’OMS sia veramente cristallino, oppure se certe dichiarazioni vengano fatte solo per difendere gli interessi di qualcuno. Perché, non dimentichiamolo, qui stiamo parlando di interessi da diversi milioni di dollari. Ebbene, l’OMS è un ente indipendente? La risposta non può essere positiva.

Nonostante ben 194 Paesi contribuiscano al bilancio dell’OMS, e le sue movimentazioni di denaro siano di circa 2,5 miliardi di dollari l’anno, non si può più dire che l’OMS sia un ente pubblico. Il primo a denunciarlo è stato il presidente americano Trump che ha ufficializzato l’uscita degli USA dall’OMS. Per cui il maggior contributore, che versava 450 milioni di dollari l’anno , non lo fa più.

La privatizzazione dell’OMS viene attestata anche dal fatto che la Bill & Melinda Gates Foundation copre addirittura il 10% del suo bilancio. Oltre a questo apporto, Bill e Melinda Gates aggiungono la fondazione GAVI, acronimo per Global Alliance for Vaccines and Immunization. I coniugi Gates, infatti, sono molto interessati ai vaccini. A questi ben noti privati si aggiungono i contributi di Sanofi Aventis, Pfizer, GlaxoSmithKline e Novartis, tutte grandissime multinazionali farmaceutiche.

E c’è un altro aspetto poco conosciuto dell’OMS. Come scrive il Sole 24 Ore, “…l’unico vero aspetto problematico è il seguente: la quota che l’Organizzazione Mondiale della Sanità può dedicare alla ricerca ‘indipendente’ è minima, giacché poco più del 75% dei suoi finanziamenti, provenendo da donazioni private, è finalizzato a studi espressamente richiesti”.

Insomma, negli ultimi cinque anni gli intrecci tra la finanza e le case farmaceutiche sono notevolmente aumentati. E questo determina uno stato di incertezza generale quando viene annunciato un qualche provvedimento di carattere sanitario. La domanda che ormai molti si pongono è: sarà un evento reale oppure è un mezzo per fare gli interessi di qualcuno?

Da questo quadro generale si evince che, senza cadere nella trappola del complottismo, il mondo non riesce più a distinguere la realtà delle cose da quelle prefabbricate per ottenere una qualche finalità di tipo economico e finanziario. Infatti, se ci pensate bene, e considerate la portata degli interessi in gioco, viene lecito domandarsi se, nel caso di una pandemia globale, il virus sia stato un fenomeno zoonotico (quando un patogeno passa da una specie animale all’uomo) oppure artificiale.

Se così fosse, sarebbe davvero un’enormità e non ci sarebbe alcuna giustificazione per coloro che architettassero una simile pandemia, sacrificando centinaia di migliaia di esseri umani, solo per fare soldi. Ma, prima di lanciare accuse, ci vogliono prove concrete. E, al momento, non ce ne sono.

Si capisce, però, perché i grandi giornali e le televisioni si guardino bene dall’affrontare la realtà, omettendo tutto ciò che possa far abbinare un’eventuale pandemia al malaffare. Così come si spiega l’ondata di accuse al Nobel Luc Montagnier quando ha detto che il virus del Covid-19 è stato prodotto in laboratorio. Il mondo dell’informazione a senso unico non può permettersi autorevoli voci discordanti.

Nessuno, però, può negare che esista un filo rosso che lega le multinazionali del farmaco, i fondi di investimento e le fondazioni di vario genere al discorso della pandemia. E nessuno può dubitare che tale legame non abbia risvolti economici. Caso mai spetta ai governi impedire che certi interessi possano pesare sulla vita dei cittadini, condizionandone l’esistenza e la salute.

Come a metà del secolo scorso scriveva Luigi Einaudi, la società ideale è quella dove nessuno è troppo ricco e nessuno è troppo povero. La nostra si sta trasformando, anno dopo anno, in una società dove un pugno di stramiliardari pretende di controllare e gestire il futuro di tutta la popolazione. Con qualsiasi mezzo…

 

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