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Un esame del sangue potrebbe prevenire l’Alzheimer

Un esame del sangue potrebbe prevenire l’Alzheimer

In futuro sarà possibile prevenire l’Alzheimer con un esame del sangue? Forse sì, almeno stando a quello che hanno dichiarato i ricercatori del Florey Institute for Neuroscience and Mental Health in Melbourne (Australia) attraverso una recente ricerca pubblicata sulle pagine della rivista scientifica Neurology.

Un esame specifico per identificare la malattia

L’indagine ha evidenziato, infatti, che attraverso uno specifico esame del sangue è possibile individuare precocemente un’infiammazione che potrebbe indicare un maggior rischio di sviluppare alcune forme di demenza. Al momento i numeri non consentono di trarre conclusioni definitive, ma la strada intrapresa sembra quella giusta.

Prevenire l’Alzheimer nelle fasi iniziali

La ricerca si è focalizzata su uno specifico momento della progressione della malattia, quello iniziale. Il quadro clinico dei malati di Alzheimer tende ad aggravarsi col tempo. Risulta così fondamentale prestare attenzione ai primi segni della patologia. Questi si manifestano in quella fase preliminare che la scienza definisce deficit della memoria (Mild Cognitive Impairment ).

Il team di ricercatori australiani ha individuato nel biomarcatore sCD14 (presente nel sangue) un indicatore molto utile per valutare il rischio di sviluppare declino cognitivo, demenza e Alzheimer.

«Livelli più elevati di sCD14 sono stati associati a marcatori di invecchiamento cerebrale e lesioni, come ad esempio l’atrofia cerebrale totale, e a un declino nel funzionamento esecutivo, il processo decisionale necessario per molte attività della vita quotidiana» ha dichiarato Matthew Pase, il ricercatore a capo dello studio del Florey Institute for Neuroscience and Mental Health in Melbourne.

Alti livelli nel sangue di sCD14 sono un campanello d’allarme

Individuare nel sangue di un individuo un’elevata concentrazione di sCD14, può di fatto permettere ai medici di giocare d’anticipo e di intervenire con farmaci che possono rivelarsi molto utili e particolarmente attivi nelle prime fasi del decadimento.

Il test basato sull’esame del sangue e sulla ricerca del biomarcatore sCD14 deve essere, comunque, integrato con la ricerca di biomarcatori più classici e consolidati nella prevenzione dell’Alzheimer come l’amiloide e la proteina Tau. Lo studio apparso su Neurology ha preso in esame i dati di due ricerche condotte su circa 5000 persone di età media compresa tra i 69 e i 72 anni. Il dato fondamentale, confermato da due anni di osservazione, è quello che sottolinea che elevati livelli di sCD14 nel sangue portano più facilmente, nel tempo, un deficit nel cervello e un invecchiamento del sistema nervoso, con conseguente declino cognitivo.

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Andrea Carozzi

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