Sveva Casati Modignani racconta la sua infanzia durante la seconda guerra mondiale nel suo nuovo libro il Diavolo e la rossumata (Mondadori Electa).
Nel 1943 Milano è sotto le bombe degli Alleati e una famiglia è sfollata in una cascina fuori città. Una bambina, affidata alle cure dei nonni, cresce immersa in un universo rurale dove ha inizio il suo apprendistato alla vita.
La bambina protagonista di questo libro è Sveva Casati Modignani, la quale affida per la prima volta a un racconto autobiografico i ricordi della sua infanzia, che si intrecciano con la memoria di cibi e sapori.
Sono anni di fame, di mercato nero e di succedanei. Le donne si ingegnano a cucinare con fantasia i pochi ingredienti di cui dispongono.
Fra questi la “rossumata” che la stessa autrice definisce una “merenda consolatoria per quando mi comportavo bene” a base di uovo sbattuto con lo zucchero, corretto con mezzo bicchiere di barbera. Ma non sempre l’autrice teneva una condotta esemplare. Ed era in quei momenti che la nonna, amorevole ma un po’ ruvida, la credeva posseduta dal Diavolo. “Questa scimmietta è posseduta, dicevano in casa – come racconta la Modignani in una recente intervista radiofonica – e mi portavano dal parroco per farmi benedire”.
Fra bombardamenti e trasferte nelle cascine fuori città, c’è spazio per aneddoti di vita familiare e ricette lombarde. Il libro include, infatti, un ricettario in cui vengono riportati piatti della cucina lombarda rivisitati dalle consuetudini di famiglia, tutti singolarmente commentati dall’autrice che rievoca con rara autenticità una cultura gastronomica radicata nel territorio, in un mondo di tradizioni e sapori dimenticati.
“Il Diavolo e la rossumata” è un racconto personale, intenso, ironico, al quale non mancano tuttavia momenti intimi e a tratti drammatici, in cui Sveva Casati Modignani svela ai suoi lettori qualcosa di sé.
c.p.