Rome Business School, scuola parte del network Formación y Universidades creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta, ha pubblicato lo studio “Silver economy: analisi di un settore in costante crescita capace di contribuire allo sviluppo di un’economia italiana vibrante, innovativa e sostenibile”. La ricerca, a cura di Valerio Mancini, direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School e Katerina Serada, fondatrice del SDG Hub (Center for Sustainable Economies and Innovation), fa un’analisi sull’impatto dell’aumento della popolazione over 65 in Italia e nel mondo, e studia come ciò rappresenta un’importante opportunità di business e di sviluppo tecnologico.
L’aumento dell’aspettativa di vita e il calo dei tassi di fertilità, combinati con il miglioramento degli standard di vita e dell’assistenza sanitaria, hanno attivato un processo completamente nuovo nella storia umana: l’invecchiamento della popolazione globale.
Secondo le Nazioni Unite, nel 2020 è stata raggiunta la soglia di 727 milioni di persone con più di 65 anni a livello globale e si prevede che questa cifra raddoppierà, raggiungendo 1,5 miliardi di abitanti over 65 già nel 2050. Tutte le regioni del mondo sperimenteranno un’inversione storica: gli over 65 supereranno i bambini sotto i 15 anni entro il 2075. Nel 1995 l’Italia è stata la prima nazione a sperimentarla, ora sono 34 i Paesi sviluppati a presentare questo trend, che continuerà ad aumentare e coprirà 90 Paesi entro la metà del secolo. Il mondo intero assisterà a questa transizione epocale proprio a partire dal 2075.
Entro il 2030, i cittadini con oltre 50 anni costituiranno il 32% dell’intera popolazione della zona geografica Asia-Pacifico. Nell’UE invece, le persone di 65 anni o più rappresenteranno il 31,3% della popolazione entro il 2100, in aumento rispetto al 20,6% nel 2020, e l’età mediana dovrebbe aumentare di 4,9 anni, passando dai 43,9 anni registrati nel 2020 ai 48,8 anni previsti per il 2100. La più alta età mediana nell’UE è prevista per Italia, con un picco di 53,6 anni, dopo la Corea del Sud (56,5 anni) e il Giappone (54,7), le età mediane più alte nel mondo. La quota di coloro che hanno 80 anni o più nella popolazione dell’UE aumenterà tra il 2020 e il 2100, dal 5,9% al 14,6%.
Secondo gli autori della ricerca, in Italia, una delle società più vecchie del mondo, con un’economia fortemente orientata all’esportazione e quindi dipendente dal consumo dei nostri beni e servizi all’estero, “ancora continuiamo a concentrarci sulla discussione dei “tassi di dipendenza crescenti”, sugli enormi “costi sanitari” e le politiche che non mirano tanto a ridurre l’onere dell’aumento della longevità, ma che si focalizzano quasi esclusivamente sulle spese legate alle esigenze del singolo individuo. A oggi, nessuno dei principali programmi politici italiani, tra cui la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, il Pnrr o le politiche orientate all’innovazione o al commercio internazionale, contengono misure o risorse finanziarie adeguate per affrontare le tendenze demografiche e, in particolare, quelle legate all’invecchiamento della popolazione”.
Il Pnrr ha affrontato l’invecchiamento come una sfida (e solo parzialmente) e non come un’opportunità che vedrebbe nella Silver Economy e nel cosiddetto Longevity Dividend il rilancio economico del sistema Paese. “Va detto – si legge nella ricerca – che il Pnrr non riconosce l’importanza strategica della longevità e, di conseguenza, della Silver Economy italiana per la ripresa economica e per il futuro dell’economia nazionale, ma si concentra piuttosto sulla resilienza, le sfide future del welfare, dell’assistenza socio-sanitaria e del sostegno degli anziani non autosufficienti, il cui numero è destinato a raddoppiare fino a quasi 5 milioni entro il 2030″.
Il Piano, come abbiamo approfondito qui, introduce diverse misure, strettamente legate tra loro, sia riguardanti il rafforzamento dei servizi sociali territoriali finalizzato alla prevenzione dell’istituzionalizzazione e al mantenimento, per quanto possibile, di una dimensione autonoma (Missione 5), sia attraverso il potenziamento dell’assistenza sanitaria, soprattutto radicata sul territorio nazionale (Missione 6).
Secondo quanto si legge nell’analisi, il Pnrr, allo stato attuale, non considera il tema del potenziale sviluppo della Silver Economy nel piano strategico della crescita e ripresa economica, ma affronta le tendenze dell’invecchiamento italiane esclusivamente come una “sfida” legata al sostegno degli anziani, prima di quella fascia considerate “non autosufficiente”. Inoltre, il Piano non prende in considerazione il contesto globale del cambiamento demografico guidato dall’invecchiamento, che rappresenta un fattore rilevante per la crescita economica, l’aumento della competitività e l’innovazione delle settori orientati all’export. Non si concentra sulle opportunità di una leadership digitale e tecnologica nello sviluppo delle soluzioni per supportare l’active aging e la long and healthy life, sulla prevenzione e sul monitoraggio effettivo (smart nursing, smart cities, smart homes, etc).
“Possiamo pertanto affermare – conclude la ricerca – che il Pnrr non prende sufficientemente in considerazione il contesto globale del cambiamento demografico, che rappresenta invece il fattore predominante della crescita economica, della competitività e dell’innovazione”.











