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Di solitudine si muore, è la nuova epidemia

Di solitudine si muore, è la nuova epidemia
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LA SOLITUDINE CONTEMPORANEA

La solitudine contemporanea è diventata un tema sempre più rilevante e discusso negli ultimi anni. Nonostante la nostra società sia sempre più connessa attraverso i mezzi di comunicazione e i social media, molti individui sperimentano una crescente sensazione di isolamento.

Ci sono diversi fattori che possono contribuire alla solitudine contemporanea. Uno di questi è, sicuramente, l’aumento della mobilità sociale e geografica. A causa di quest’ultima, infatti, le persone spesso si trasferiscono lontano dalla loro famiglia e dai loro amici per motivi di lavoro, studio o altre circostanze. Questo può portare a un senso di distacco e isolamento, specialmente se non si creano nuovi legami sociali nel nuovo ambiente.

Per quanto riguarda la mobilità, o anche “volatilità” sociale possiamo dire, l’avvento della tecnologia e dei social media ha creato una sorta di “connessione superficiale”: anche se siamo in grado di rimanere in contatto costante con gli altri attraverso i mezzi digitali, ciò non garantisce una qualità profonda e autentica delle interazioni. Le relazioni virtuali possono mancare di empatia e di sostegno emotivo reale, contribuendo così alla solitudine.

A questo si aggiunge un radicale cambiamento nello stile di vita collettivo, perlopiù nell’Occidente liberale e ultra-connesso, che ha significato un’estremizzazione del sistema capitalistico, portando il sistema produttivo nella vita e nelle relazioni di tutti i giorni: il cambiamento dei modelli familiari, lo stile di vita frenetico e stressante, la mancanza di tempo libero, la facilità con cui le relazioni si costruiscono e si disfano; è come se fossimo diventati delle funzioni neoliberali piuttosto che persone con desideri e difficoltà comuni.

L’IMPATTO PSICOFISICO E PATOLOGICO DELLA SOLITUDINE: L’ALLARME DEGLI USA

«Di solitudine si muore, è la nuova epidemia» è quanto affermato dalla massima autorità sanitaria degli Stati Uniti, Vivek Murthy, che aggiunge: «già colpita metà degli adulti americani». Stiamo parlando del Surgeon general of the United States, cioè il “chirurgo generale”, nominato dal Presidente e confermato dal Senato, che all’interno di una “Strategia nazionale per promuovere la connessione sociale”, ha lanciato l’allarme della solitudine che attanaglia gli USA ormai da qualche anno.

Vittorio Lingiardi, in un articolo apparso su La Repubblica, pone alcune domande, rifacendosi alla relazione di Murthy: «Chi è l’artefice della solitudine sociale? Che rapporto c’è tra solitudine e povertà? E tra solitudine ed emarginazione? In una relazione di circa ottanta pagine Murthy racconta […] che le ricerche hanno dimostrato come solitudine e isolamento inneschino molteplici problemi al confine corpo-mente. Insonnia, alterazioni immunitarie, patologie cardiache, alimentari, algiche e ovviamente ansia, depressione, dipendenze da alcol e sostanze. Tanto che alcuni esperti stimano che il rischio di morte prematura possa aumentare del 30%».

Nella sua relazione, Murthy ha fatto un’affermazione forte: «La solitudine è come la fame o la sete. Una sensazione che il corpo ci invia quando qualcosa di cui abbiamo bisogno per la sopravvivenza viene a mancare. Ecco il motivo per cui ho lanciato l’allarme».

Sebbene l’allarme si riferisca alla società statunitense, profondamente diversa dalla nostra, essendo l’Italia un Paese fortemente globalizzato non può ignorare le parole di Murthy: è vero che la nostra cultura è nata e si è sempre basata sulla socialità, ma è anche vero che la nostra identità è sempre più rosa dal consumismo, dalle dinamiche economiche e strategiche del capitalismo, e da un generale disorientamento nazionale acuito da varie problematiche contemporanee: l’immigrazione incontrollata, la crisi demografica, la disoccupazione giovanile, il caro-vita, ecc…

COSA SI PUÓ FARE PER CONTRASTARE LA SOLITUDINE

Quanto detto finora non vuol far altro che porre l’accento sull’importanza delle relazioni sociali, nell’era più connessa della Storia, cercando di colmare eventuali sensi di isolamento e lacune di vita condivisa che sempre di più infestano le nostre esistenze.

Per prima cosa, cercare di sviluppare e mantenere relazioni significative con amici, familiari e con la propria comunità assicura una base solida d’appoggio, che va oltre la facilità delle comunicazioni concesse dalle più innovative tecnologie e l’essere “connessi”.

In un’epoca sempre più post-mediale, in cui i social media vengono demonizzati come detrattori delle relazioni sociali e anti-propulsori della condivisione, è bene uscire di casa e cercare nuovi hobby, unirsi a dei gruppi o partecipare a eventi collettivi, così da incontrare nuove persone e ampliare la propria rete sociale.

Certo è che ogni persona è unica e che, spesso, le soluzioni per affrontare la solitudine possono variare, dal momento che uscire di casa o partecipare a bagni di folla può destabilizzare qualcuno o altri semplicemente non ne hanno l’occasione, perché debilitati da una patologia o in condizioni di estrema povertà: in questi casi è importante cercare il supporto necessario e non chiudersi in sé stessi. Sartre diceva «L’inferno sono gli Altri», ma forse, dopo la pandemia, possiamo dire di aver capito che l’inferno sia una vita senza gli Altri.

Giuseppe Pipino

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