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Anziani e Covid-19, il rischio è la fragilità

Anziani e Covid-19, il rischio è la fragilità

I dati dell’Istituto Superiore di Sanità in merito all’epidemia da Covid-19 in Italia mostrano che le fasce d’età più colpite da mortalità sono quelle tra i 70 e i 90 anni, un dato confermato anche a livello globale dall’OMS. Questo aspetto merita una riflessione approfondita per capirne la reale portata. Ne abbiamo parlato con il Prof. Alberto Pilotto, Presidente eletto SIGOTSocietà Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio.

“Pur colpendo tutte le età, l’infezione ha i suoi effetti più severi sull’anziano – spiega  – Le conseguenze sugli anziani infatti non si limitano alla elevatissima mortalità (quasi il 90% dei deceduti da COVID-19 ha più di 70 anni). Tuttavia la pandemia da COVID-19 ha fatto emergere il concetto che è soprattutto l’anziano fragile ad essere ad alto rischio di disabilità funzionale, cognitiva e psico-sociale che rendono per l’anziano difficile un ritorno alla condizione precedente l’infezione: questa è la chiave di lettura da applicare all’analisi del rapporto tra anziano e infezione da coronavirus”.

CHI È L’ANZIANO FRAGILE? LO STUDIO SIGOT

La definizione di “anziano fragile” fa riferimento a quel soggetto che di fronte a un evento di stress, quale è la pandemia da Covid-19, non è in grado di rispondere in maniera adeguata e quindi soccombe, con un aumentato rischio di eventi negativi: mortalità, disabilità e aggravamento delle proprie condizioni generali.

Lo studio della fragilità nell’anziano costituisce pertanto un fattore cruciale nella valutazione delle decisioni cliniche da prendere, spesso difficili in un momento di pressione per il sistema sanitario come quello di queste settimane. C’è un alto numero di ricoveri ospedalieri e di interventi sanitari che non sono semplici da gestire. “Le priorità spesso vengono stabilite prevalentemente in base all’età del paziente, anche se presa singolarmente l’età non può fornire indicazioni precise sulla prognosi del soggetto, basti considerare la grande eterogeneità funzionale e clinica che presentano anziani della stessa età – evidenzia il Prof. Alberto Pilotto. – Per questo è necessario valutare il grado di fragilità del paziente, che è dato dalle comorbidità e dall’assetto funzionale, cognitivo e psicosociale dell’individuo”.

Sulla base di questo principio, SIGOT ha promosso uno studio che coinvolgerà anche alcuni paesi Europei sulla valutazione multidimensionale degli anziani con infezione da Covid-19. Lo studio misurerà il ruolo della fragilità nell’accesso alle terapie invasive e sulla mortalità nei pazienti anziani affetti da coronavirus. Solo così riusciremo a capire il peso della fragilità nel determinare le conseguenze di questa infezione.

LA SITUAZIONE NELLE CASE DI RIPOSO

Se negli ospedali il numero di ricoveri degli anziani è elevatissimo, la situazione è preoccupante anche nelle case di riposo e nei centri per anziani, come diverse vicende di cronaca hanno testimoniato. Queste realtà appartengono a un insieme molto eterogeneo, sia a livello nazionale che locale. Tuttavia, è possibile affermare che siano oltre 300mila gli anziani assistiti presso i presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari attivi in Italia.

“Gli anziani che si trovano all’interno di una RSA sono per lo più soggetti fragili e costituiscono una popolazione ad altissimo rischio – afferma il Prof. Alberto Pilotto. –  Inoltre, vivono in una condizione di comunità, nella quale un virus può avere una diffusione molto rapida. SIGOT insieme ad altre Società Scientifiche sta lavorando per fornire strumenti utili al personale che assiste gli anziani nelle RSA promuovendo la prevenzione e la cura della fragilità mediante percorsi di attività fisica e stimolazione cognitiva a distanza finalizzate al mantenimento delle performances motorie e cognitive residue: naturalmente le RSA maggiormente attrezzate da un punto di vista informatico e tecnologico sono avvantaggiate.”

ANZIANI, PROBLEMI SOCIALI e TECNOLOGIA

Un altro aspetto emerso in merito alla popolazione anziana è la fragilità psico-sociale che viene aggravata da questa pandemia: la solitudine dell’anziano, infatti, ha conseguenze anzitutto pratiche, quali quelle della gestione delle vicende domestiche e la totale mancanza dei consueti contatti che migliorano la vita dell’individuo. Bisogna tenere presente che la fragilità si previene e si cura attraverso l’esercizio fisico e la vita sociale, non praticabili in questo momento. Infine, gli anziani in solitudine e costretti nelle proprie abitazioni potrebbero in qualche modo essere condizionati e non rivolgersi al pronto soccorso o ad altre strutture sanitarie anche in caso di reale necessità.

“Questo comportamento rischia di creare un “sommerso” sanitario di cui non si hanno ancora dati precisi e che può emergere solo attivando efficaci strumenti alternativi di contatto medico-paziente sfruttando le metodologie della telemedicina e l’impiego di tecnologie innovative domotiche e robotiche che permettono il monitoraggio e la cura a distanza dei pazienti. Gli anziani non sono oggi preparati a sfruttare pienamente le tecnologie: in questo ambito importante è il ruolo dei caregiver e dei familiari che possono accompagnare ed aiutare l’anziano ad accostarsi alla tecnologia in modo costruttivo ed attiva” conclude Pilotto.

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