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SOS Anziani: I pericoli del passaparola nell’assistenza domiciliare

SOS Anziani: I pericoli del passaparola nell’assistenza domiciliare
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Vi avevo promesso qualche ragionamento in merito ai pericoli che il passaparola nasconde quando si cerca un’assistente famigliare (badante) per l’assistenza domiciliare dei nostri cari.

Pochi giorni fa, una famiglia molto attenta al benessere dei propri genitori mi espone il profilo dell’assistente ideale. La sintesi rappresenta una persona gradevole di carattere e di aspetto, capace di “condurre” una casa in autonomia e senza aver bisogno che ogni giorno le si dicano le cose da fare. La descrizione procede con la richiesta che abbia anche specifiche esperienze parasanitarie, italiana o che parli bene italiano, e che sappia relazionarsi con una coppia lucida e colta. La narrazione si conclude con il sogno che svolga il suo ruolo con cura e attenzione, sia nelle mansioni domestiche, che nella relazione amorevole con i genitori.

Un profilo così descritto all’interno di una conversazione famigliare o tra amici è ragionevole e consono a ciò che qualsiasi persona desidererebbe per i genitori che ama. Lo stesso, richiesto invece a una professionista dell’assistenza che aiuta nello screening, equivale al richiedere l’esperienza della Nasa al meccanico sotto casa.

Le famiglie, armate delle migliori intenzioni, si ritrovano a prendere decisioni dal peso specifico immenso, senza avere la benché minima cognizione delle insidie. Errori in questo ambito impattano pesantemente sugli equilibri famigliari, sulla qualità della vita (e della salute) degli assistiti e sulle risorse economiche della famiglia.

Roberto Tiby che ha scritto un saggio contenente le 10 regole d’oro del passaparola scrive: “Abbiamo bisogno di trasmettere o di ricevere messaggi inerenti un’esperienza, tanto più abbiamo percezione di un rischio per noi o per altri. Questo bisogno è tanto più sentito quando la scelta da prendere è complicata e pericolosa o quanto l’esperienza vissuta è forte. Se fossimo onniscienti e sicuri di tutto ci fideremmo solo di noi stessi e se pensassimo che un nostro simile sappia già tutto non ci sentiremmo in dovere di passare parola. Pertanto la terza regola d’oro è: “Sentiamo il bisogno di passare parola o di recepire la parola altrui tanto più percepiamo un rischio.”

L’alone di pericolo, di rischio, di paura e disagio che si provano quando si cede alla necessità di dover far entrare in casa una figura assistenziale è monumentale. Spesso le sue radici sono così profonde che sono insondabili, a volte inconsce e irrazionali. Quando l’aspetto emotivo ricopre un tale peso, il buon senso e la capacità di ragionamento vanno a farsi benedire, anche nelle persone più colte e strutturate. Lavoro con professionisti e agenzie che mettono il cuore nel loro lavoro e spesso raccolgo commenti entusiasti: la sensibilità emotiva però è volubile per definizione, e basta un niente per suscitare reazioni impreviste e irrazionali. La famiglia di cui sopra, evidentemente molto provata, in virtù di una percezione soggettiva ha concluso che il passaparola è meglio dell’affidarsi a gestori assistenziali, tra l’altro referenziati da una professionista del settore.

Quello che fa la differenza nella valutazione di un’agenzia o di una persona per l’assistenza è avere la consapevolezza delle varie sfaccettature del problema e delle insidie, dei pericoli possibili. Questo spinge a fare molte domande, ma soprattutto domande consapevoli e mirate. Le famiglie non conoscono le domande da fare, e finiscono per mettersi in casa chi darà loro spiacevoli sorprese.

Istintivamente si è portati a fare domande che tengano conto del proprio criterio, trascurando il punto di vista della persona che va assistita. Cosa si può cercare nel passaparola?

1.      le sensazioni positive di chi l’ha avuta in casa, l’intesa e la piacevolezza;

2.      l’assenza di tensioni o rivalse sul piano contrattuale;

3.      la disponibilità oraria, possibilmente andando oltre quanto richiesto dal contratto

Il primo punto è totalmente soggettivo: per esempio i fattori che stimolano in me sensazioni positive sono totalmente diversi da quelli di mia sorella o della mia migliore amica: di entrambe mi fido ciecamente, ma sono totalmente diverse da me. Il secondo punto è altrettanto soggettivo: fare assistenza in un contesto in cui vi sono molti famigliari presenti e l’assistito/a dorme serenamente per 10 ore garantisce pienamente i riposi previsti dal contratto e non suscita mai confronti sul tema. Il caso di una persona sola, con figlio/a unico/a che lavora e magari pure lontano da casa comporta problematiche che prima non sono mai state affrontate e sulle quali la famiglia che fornisce referenze, in buona fede, non ha nulla da dire. Il terzo punto resta comunque soggettivo: al di là del caso precedente, già molto esemplificativo sul tema dell’orario, può accadere che l’incarico ricoperto in una famiglia fosse reso in assenza di un proprio domicilio e senza famigliari vicini, quindi con piena e totale disponibilità a qualsiasi richiesta venisse fatta. Queste condizioni possono cambiare o per via di un ricongiungimento famigliare o anche solo per un tema di stanchezza.

Altri esempi di situazioni dissonanti:

–          il punto di vista sulla capacità di tenere pulita la casa può essere molto variabile in funzione di quante volte una persona vuole che i singoli ambienti siano puliti e di come vada fatto;

–          l’alchimia tra le persone è totalmente imponderabile e imprevedibile: vedo continuamente reazioni molto diverse rispetto ad una stessa persona o una stessa agenzia, e questa sintonia spesso non ha origini razionali;

–          la capacità di tenere il guardaroba (lavare e stirare) può essere molto diversa da una famiglia che deve gestire solo tute, magliette e biancheria personale e generica, rispetto a quella in cui la signora è ancora attiva ed è orgogliosa di un guardaroba colmo di vestiti ricercati;

–          la gestione di una persona allettata e semi-incosciente è completamente diversa dal dover lavorare con una coppia alle prese con la faticosa accettazione della perdita di autonomia;

Questi sono solo esempi di come il passaparola nell’assistenza famigliare possa nascondere insidie pericolose. Questo accade al netto della buona fede di chi fornisce una referenza, e al netto della buona fede di chi la riceve.

Spesso la garanzia che l’assistente “non abbia trattato male l’assistito/a”, “non abbia rubato” e “non abbia fatto questioni contrattuali” spinge a trascurare tutto il resto ed espone a grandi rischi: si può “far male” a una persona anziana creandole un contesto di vita insopportabile, con un’assistente che parla troppo o una che non parla mai, e che per le stesse ragioni possono invece essere state apprezzate altrove.

I fattori che determinano il buon esito di un’assistenza sono altri e vanno indagati e analizzati molto più a fondo. I compromessi vanno fatti in modo consapevole, riflettendo sulle implicazioni di cui ci si fa carico. L’identificazione del profilo giusto da inserire va studiati ogni volta, caso per caso, in modo molto personalizzato, investendoci tempo e riflessione.

Inserire una persona in casa è difficile anche quando s’invitano gli amici dei figli, quando si organizzano vacanze in compagnia, quando la capacità di adattarsi e di adeguarsi è da parte di tutti molto più elevata, e comunque richiesta per brevi istanti o periodi. L’inserimento in casa di un anziano è infinitamente più complicato, sia per la scarsa plasticità delle persone coinvolte, sia per via delle fragilità che sono più o meno presenti nei nostri cari e la loro resistenza ai cambiamenti.

Il passaparola è e rimane un terno al lotto. Il passaparola per andar bene richiede una notevole dose di fortuna, o almeno di consapevolezza. Le garanzie che in buona fede gli amici possono offrire sono estremamente limitate e fuorvianti: se poi il passaparola proviene da amici degli amici, o dal quartiere, le probabilità di successo diminuiscono sempre di più.

La tentazione del passaparola è troppo forte? Chiamami e fatti aiutare nella valutazione di tutte le variabili in gioco.

Silvia Farina

 

Ritratto di Silvia Farina, consulente per figli Caregiver

Silvia Farina ha iniziato molto giovane nel volontariato, tramite cui è arrivata a gestire una casa albergo estiva per persone anziane. Nel 2014 ha aperto un’agenzia di servizi a domicilio scegliendo di specializzarsi nel supporto alle persone con demenza/Alzheimer: come affiliata di Home Instead Senior Care ha acquisito la loro esperienza, costruita in 30 anni da oltre 1000 agenzie nel mondo. L’incontro con oltre 600 famiglie ha messo in luce l’attitudine a comprendere le situazioni, risolvere problemi e organizzare le risorse. Chiusa l’agenzia, ora collabora con VillageCare.it, il primo portale italiano che “aiuta chi si prende cura”, ed è consulente di società impegnate in progetti ad impatto sociale rivolti alla terza età. Sei un figlio caregiver? Silvia organizza l’assistenza ai tuoi cari: più soluzioni per loro e meno problemi per te! Prenota 30 minuti di colloquio gratuito al 392.9602612 oppure scrivendo a info@silviafarina.com.

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