Era l’11 gennaio 1999 quando Fabrizio De André, scomparso improvvisamente per un cancro ai polmoni, lasciava un incolmabile vuoto nella musica italiana. Sono passati vent’anni, ma i suoi testi, poesie più che semplici parole di canzoni, sono rimasti impressi nella memoria di ciascun italiano. A partire dai suoi concittadini di Genova, la città natale fonte di ispirazione per molti suoi brani, con il suo mare, i suoi vicoli, le sue persone, i suoi tesori nascosti, il suo “dialetto”. Il suo carattere.
E proprio a Genova, oggi pomeriggio a Palazzo Ducale, un grande evento per ricordare Faber: “Il mio fabrizio”. Presenti alcuni volti noti dello spettacolo, della televisione e della musica, legati, in qualche modo, al cantautore genovese. «Molti mi hanno chiesto cosa mi manca di lui. Mi manca lui, era mio padre − dice un emozionato Cristiano De André − Col passare degli anni, soprattutto nell’ultimo periodo con l’ultimo tour, ci siamo avvicinati molto, è stata una cosa meravigliosa. Forse se fosse ancora qui avremmo sicuramente fatto qualcosa insieme. Oggi siete tantissimi, venuti da ogni parte d’Italia, mi fa davvero molto piacere».
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«Siamo qui anche un po’ per un fine egoistico − dice Fabio Fazio − perché in fondo ci piace parlare di lui, ci piace sentirlo vicino. Ricordo di aver pianto alla notizia della sua morte, pur avendolo incontrato solo quattro volte e senza mai aver instaurato un rapporto profondo. Eppure, il fatto che dopo vent’anni siamo qui a parlarne è perché davvero è successo con lui una cosa straordinaria: ciascuno di noi ha dentro qualcosa che riguarda ed è nata con Fabrizio De André».
Sul palco della sala del maggior consiglio era presente anche Gino Paoli: «Non me lo ricordo come voi, io mi ricordo di un amico. Fabrizio era molto dolce e semplice, quando era sano. Quando era ubriaco no, assolutamente − scherza − Del resto, abbiamo avuto la fortuna di non prenderci mai sul serio». «Questa cosa di non prendervi mai sul serio è una cosa che da comico apprezzo molto, forse sarebbe meglio farlo di più anche in questi tempi, troppo spesso pieni di odio − commenta Luca Bizzarri − in questo momento su questo piano di Palazzo Ducale ci sono tre genovesi che hanno fatto la storia di questo Paese: ci sono Nicolò Paganini, Enzo Tortora e Fabrizio De André».
«Fabrizio aveva tantissima paura del pubblico − ricorda ancora Paoli − Non voleva assolutamente cantare davanti alle persone. Ricordo che una sera, alla Bussola, cantò nascosto dietro il foglio sul leggio».
Secondo Morgan, «discograficamente e musicalmente De André è assolutamente vivo e presente tra di noi, è sempre attuale. Se si potesse iniziare a studiare la vera canzone e l’origine della vita di una canzone, vorrei proprio che si partisse da lui, da De André. È colui che ha scritto La Canzone, non le canzoni».

Un universo musicale fatto di quotidianità, semplicità, estremamente realista: l’amore, il tradimento, la prostituzione, il gioco, la morte trovano spesso spazio nei suoi brani, sicuramente tra quelli più noti.
E come non ricordarlo se non attraverso la sua voce, unica, e le sue parole. Lo omaggiamo riproponendo alcuni dei suoi testi più famosi, eseguiti dal vivo:
“Umbre de muri, muri de mainé / Dunde ne vegnì duve l’è ch’ané / Da ‘n scitu duve a l’ûn-a a se mustra nûa / E a neutte a n’à puntou u cutellu ä gua”
“Se prendo il pesce d’oro / ve la farò vedere / se prendo il pesce d’oro / mi sposerò all’altare. Ogni tre ami c’è una stella marina / ogni tre stelle c’è un aereo che vola / ogni balcone una bocca che m’innamora”
“Sono la pecora sono la vacca / Che agli animali si vuol giocare / Sono la femmina camicia aperta / Piccole tette da succhiare”
“All’ombra dell’ultimo sole / S’era assopito un pescatore / E aveva un solco lungo il viso / Come una specie di sorriso / Venne alla spiaggia un assassino / Due occhi grandi da bambino / Due occhi enormi di paura / Eran gli specchi di un’avventura”
“Via del Campo c’è una graziosa / gli occhi grandi color di foglia / tutta notte sta sulla soglia / vende a tutti la stessa rosa / Via del Campo c’è una bambina / con le labbra color rugiada / gli occhi grigi come la strada / nascon fiori dove cammina”
“Ama e ridi se amor risponde / piangi forte se non ti sente / dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior / dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior”
“C’è chi l’amore lo fa per noia / Chi se lo sceglie per professione / Bocca di rosa né l’uno né l’altro / Lei lo faceva per passione”
Birgitta Muhr e Paola Pedemonte