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Terremoto, in fila a donare il sangue anche giovani cinesi

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Ad Amatrice e negli altri paesi colpiti dal disastro sono arrivati anche, per aiutare gruppi di giovani volontari cinesi, come pure si sono visti molti cinesi in fila per donare il sangue. La stessa Chiesa Evangelica cinese si è resa disponibile all'aiuto. Un qualcosa che, nella valanga di informazioni di questi giorni, è passato completamente…

Ad Amatrice e negli altri paesi colpiti dal disastro sono arrivati anche, per aiutare gruppi di giovani volontari cinesi, come pure si sono visti molti cinesi in fila per donare il sangue. La stessa Chiesa Evangelica cinese si è resa disponibile all’aiuto.

Un qualcosa che, nella valanga di informazioni di questi giorni, è passato completamente inosservato ma che costituisce un buon esempio morale ed etico verso quel processo di integrazione tra paesi che, per quanto riguarda Cina e Italia, è già molto avanti.

Ne parliamo con una figura conosciuta e carismatica, Francesco Wu, presidente dell’Unione Imprenditori Italia Cina, che rappresenta oltre 400 imprenditori e fa riferimento ad un indetto molto più ampio.

Francesco, 34 anni sposato e con due figli, ingegnere elettronico, laureato al Politecnico di Milano e superiori all’Istituto Gonzaga, lui stesso imprenditore di successo e attento osservatore dell’odierna realtà. Un difensore dell’immagine dei suoi connazionali, contro falsi stereotipi e luoghi comuni.

Francesco tu che sei nato nell’immensa provincia di Wenzhou e sei in Italia dal 1989 , quanto ti senti integrato?
Noi cinesi di seconda generazione siamo integrati al 99% sotto tutti i punti si vista. Rappresentiamo una realtà nuova, integrata ma non assimilata. Io, in particolare, mi porto dietro anche l’esperienza di essere nato in Cina e di aver conosciuto la realtà cinese a 360 gradi, dalla povertà più assoluta alla grande ricchezza.

Esiste una ricetta segreta per la vera integrazione?
Credo che esista ed è anche molto semplice: non c’è integrazione senza vera amicizia. Il rispetto è un atteggiamento freddo, nell’amicizia c’è sempre calore. Tutti ci sentiamo a casa quando abbiamo qualcuno che ci accoglie nel suo ambiente con sincerità e affetto.
Altrimenti può succedere, come in parte vedo in Francia e UK , la crescita di due realtà parallele che non sempre si intendono e dove possono nascere problemi e incomprensioni.
In America i cinesi si sentono americani e io credo che in Italia si vada in questa stessa direzione. Le differenze culturali non sono cosi marcate, si cominciano a vedere matrimoni misti ed anche sinergie a livello imprenditoriale.

E dei grandi acquisti di imprese italiane che mi dici?
Da Pirelli a tante altre, per finire con Milan e Inter sono operazioni di puro business dove però mi sembra indispensabile la forte integrazione tra un management cinese e uno italiano. Molto spesso i miei connazionali vedono la redditività economica dell’operazione ma non conoscono pienamente il complicato mondo legislativo italiano. Qui è indispensabile una buona integrazione.

A proposito di sport, tu stesso sostieni attività della tua città?
Certo calcio, basket e persino il Palio. Mi piace sentirmi pienamente dentro ad un paese, come l’Italia, che mi ha dato molto e nel quale ho tanti amici.

Daniele Rosa – “Adelante a Los 60”

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