In Italia da sempre esiste un pesante stigma sociale rispetto al far invecchiare i genitori anziani in una struttura invece che a casa loro, e la pandemia lo ha esasperato. Parafrasando Star Wars, mi sento di dire: “Solo un Sith vive di assoluti”: i Sith, per chi non avesse dimestichezza con la fantascienza, sono i protagonisti negativi, coloro che tra il bene e il male scelgono il male, coloro che appartengono “al lato oscuro della forza”.
In fede, non posso partecipare a questo approccio. Proprio sabato ho visitato una struttura per anziani nella quale sognerei di inserire mia mamma; lei come molte persone con demenza hanno l’esigenza di essere protette da loro stesse e da ciò che la malattia li porta a fare; lei come molte altre persone rende impossibile l’assistenza domestica, e vi potete immaginare – visto l’ambito nel quale lavoro – quali profili di assistenti posso aver inserito e quanti professionisti sono stata capace di far intervenire a casa! Anche papà ne conviene, ma le dinamiche relazionali tra i due complicano parecchio le cose. Ma tornando a noi: la struttura può essere anche un’opportunità di miglioramento. Certamente bisogna sceglierle con attenzione.
Cosa può offrire una struttura
È però necessario essere consapevoli di cosa una struttura può offrire e cosa realisticamente non può dare. Ammetto che la struttura che ho visitato alle porte di Milano è fuori da qualsiasi schema: una cascina ristrutturata ad hoc, inserita in un boschetto e con un ampio giardino in cui coinvolgere gli ospiti con terapie occupazionali tramite l’ortocultura, la floricultura e la pet therapy. Un contesto abitativo nel quale sfruttare le opportunità offerte dagli scambi intergenerazionali. Ok, questo è un gioiellino e non ce ne sono molti. Esistono però molte case famiglia che sono concepite “a misura di persona”, con pochi ospiti e una routine quasi famigliare. La non autosufficienza è tale da esigere l’inserimento degli anziani in una rsa avente una presenza sanitaria importante? Gli eventi recenti hanno imposto alle strutture di raddrizzare il tiro: chi già lavorava bene è stato molto reattivo nell’adoperarsi in attività di umanizzazione, chi era meno virtuoso ora ha capito che non può più permettersi di sgarrare.
Una nuova figura professionale per l’assistenza agli anziani
Si sta poi diffondendo una nuova figura professionale, il Procuratore d’Aiuto, che tra le varie mansioni può – in virtù di una procura speciale assicurarsi che il contratto di ospitalità della struttura residenziale sia rispettato in ogni sua parte: si tratta di far interagire la struttura con un professionista dell’assistenza che agisce per conto e interesse dell’ospite e della sua famiglia.
Detto questo, rimane comunque il grande quesito: casa o struttura? Il problema è poi dato dal fatto che sul processo decisionale gravano uno stuolo di emozioni contrastanti, prima fra tutte il senso di colpa che la scelta della struttura si porta dietro.
Il principio è che – potendo scegliere – ognuno di noi vorrebbe restare a casa propria fino alla fine e quindi, certamente, è anche ciò che desiderano gli anziani. È evidente che anche una struttura adeguata, non potrà mai garantire l’assistenza 1-a-1 che una persona dedicata potrà offrire a casa, con tutti i vantaggi che questo comporta in termini di qualità della vita.
Di cosa tenere conto
Se escludiamo l’aspetto economico, quali sono le altre variabili razionali da considerare nel processo decisionale? Quando interpellata tendo a suggerire la permanenza a casa, ma anche io resto aperta alla struttura quando:
- L’assistito/a non dorme la notte: un’assistenza di personale attivo 24h/24h, ha costi esorbitanti e induce problematiche complesse;
- Necessità di cure sanitarie continue: i costi di assistenza inquadrati legalmente sono da sommare alle utenze e alla nutrizione, ma uniti a continue uscite di infermieri o medici diventano insostenibili ai più;
- L’assistito non ha coscienza di sé, del suo ambiente e non riconosce i famigliari: trasferirlo avrebbe un impatto negativo, ma personalmente ritengo che nell’equazione è importante considerare anche i famigliari che – a questo punto – hanno già alle spalle il peso di anni di assistenza domiciliare;
- L’assistito è pericoloso per sé e per gli altri: non tutti hanno la forza per reggere e gestire una tale trasformazione, e ritengo sbagliato avere pretese ideologiche che non considerino le situazioni personali di ognuno.
Per amare e aver cura di una persona fragile, è necessario avere l’onestà intellettuale di riconoscere i propri limiti, accettarli e comportarsi di conseguenza, senza sensi di colpa. Solo se amiamo e rispettiamo noi stessi, possiamo essere in grado di amare e avere rispetto di una persona fragile.
Contattami per ulteriori informazioni sul Procuratore d’Aiuto: info@silviafarina.com

Silvia Farina ha iniziato molto giovane nel volontariato, tramite cui è arrivata a gestire una casa albergo estiva per persone anziane. Nel 2014 ha aperto un’agenzia di servizi a domicilio scegliendo di specializzarsi nel supporto alle persone con demenza/Alzheimer: come affiliata di Home Instead Senior Care ha acquisito la loro esperienza, costruita in 30 anni da oltre 1000 agenzie nel mondo. L’incontro con oltre 600 famiglie ha messo in luce l’attitudine a comprendere le situazioni, risolvere problemi e organizzare le risorse. Chiusa l’agenzia, ora collabora con VillageCare.it, il primo portale italiano che “aiuta chi si prende cura”, ed è consulente di società impegnate in progetti ad impatto sociale rivolti alla terza età. Sei un figlio caregiver? Silvia organizza l’assistenza ai tuoi cari: più soluzioni per loro e meno problemi per te! Prenota 30 minuti di colloquio gratuito al 392.9602612 oppure scrivendo a info@silviafarina.com.