La musica classica è una vera e propria cura per l’anima. A dirlo non sono solo gli intenditori del genere, come metafora per spiegare la loro passione, ma anche i medici.
Il “Va pensiero” di Verdi, il “Nessun Dorma” di Puccini e la “Nona Sinfonia” di Beethoven hanno, infatti, in comune ben più che l’apprezzamento della critica: la capacità di ridurre la frequenza cardiaca.
Secondo quanto stabilito da uno studio dell’Università di Oxford, chi ascolta musica classica sarebbe spinto a rilassarsi, con conseguente riduzione della frequenza cardiaca e della pressione cardiaca, i cui valori in eccesso rappresentano una problematica piuttosto frequente per gli over 50.
Le note dei brani citati sopra in particolare, avrebbero un effetto rilassante, con ritmi delicati e simili a quelli che regolano normalmente la pressione.
Lo studio da cui deriva questo risultato si è basato sull’analisi dell’importanza del ritmo sulla riduzione della pressione sanguigna e ne è risultato come altri brani sempre di musica classica con un ritmo più vivace, come le “Quattro Stagioni” di Vivaldi, non avessero lo stesso impatto sul cuore e il sangue.
L’autore dello studio, il dottor Peter Sleight, cardiologo dell’Università di Oxford, ha commentato i risultati dichiarando che: “La musica si usa già come terapia rilassante, ma questo lavoro ha revisionato gli studi sull’argomento e controllato la loro efficacia. Abbiamo fornito una migliore comprensione di come le note di brani classici molto famosi e soprattutto determinati ritmi possono avere precisi effetti sul cuore e sui vasi sanguigni. Ma sono necessari ulteriori studi che potrebbero ridurre lo scetticismo, ancora imperante, sul ruolo terapeutico della musica”.