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L’invecchiamento come ri-organizzazione della personalità

L’invecchiamento come ri-organizzazione della personalità

Un nuovo contributo della psicologa e psicoterapeuta Dott.ssa Paola Aslangul che, riprendendo il titolo di un libro di Arthur Schopenhauer propone una riflessione profonda, ma nello stesso tempo estremamente concreta: “invecchiare bene” è un’arte che va appresa, uno stile di vita che deve essere fatto proprio con  tranquillità e serenità, passo dopo passo. Ci riferiamo a un modo di essere che comprende un insieme di comportamenti da sviluppare e/o da assimilare nel tempo, con una scansione assolutamente personale.

Per fare questo, possiamo affidarci agli insegnamenti di una disciplina, la Psicogeragogia, probabilmente non troppo conosciuta ma che è bene avvicinare e diffondere, sia come supporto culturale che come mezzo di cambiamento. Prima dello sviluppo di questa scienza, della vecchiaia si parlava principalmente attraverso la Geriatria e la Gerontologia.

 La geriatria è quella parte della medicina che si occupa della prevenzione, della diagnosi e della terapia delle malattie dell’anziano. Studia pertanto le condizioni, patologiche e non, proprie della vecchiaia, e stabilisce le modalità di cura e di assistenza rivolte agli anziani. La gerontologia studia invece esclusivamente i fenomeni propri dell’invecchiamento “fisiologico”; prende pertanto in considerazione gli aspetti non clinici dell’invecchiamento e si avvale del contributo di altre discipline come la biologia e la psicologia.

Nel 1973, il Prof. Francesco Maria Antonini, geriatra, introduce il termine Geragogia per descrivere lo studio delle “modalità antropologiche dell’uomo che invecchia” e delle “modalità più adeguate per promuovere l’apprendimento”. Questi insegnamenti sono poi stati ripresi e ampliati nel 1989 da Mario Barucci con la “Psicogeragogia”, disciplina che focalizza l’attenzione sugli aspetti più strettamente psicologici e sugli obiettivi concreti da perseguire.

Questa scienza è definita come educazione all’invecchiamento, e si delinea come mezzo per aiutare le persone ad appropriarsi di quegli strumenti che, in età matura, possono servire a favorire, nel miglior modo possibile, l’adattamento ai diversi bisogni che via via si presentano. In realtà, Barucci ricorda che il discorso psicogeragogico dovrebbe iniziare quando la persona è ancora in età giovane o adulta, in modo tale da poter compiere investimenti culturali ed affettivi per il futuro, visti come preparazione a quello che verrà in seguito. Questo è forse un po’ difficile da applicare, soprattutto in una fase socio-culturale come quella attuale. In ogni caso, è decisamente utile e relativamente semplice cominciare ad impostare un percorso di vita, anche in una fase dell’esistenza un po’ più avanzata, che possa garantirci un cammino più agevole. Occorre acquisire consapevolezza di come vogliamo invecchiare, cercando di allontanarci dall’immagine di vecchiaia – forse un po’ pessimistica –che ci deriva  dagli altri (genitori, scuola, amici, messaggi pubblicitari).  È importante intervenire noi stessi, in prima persona, nella programmazione del nostro futuro, senza condizionamenti esterni, imponendo il nostro stile di vita e le nostre scelte.

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Con la psicogeragogia viene dunque introdotto un concetto diverso e più perfezionato rispetto all’idea classica di invecchiamento, permeata di pessimismo e di ineluttabilità.  Qui si parla di ri-organizzazione della personalità in vista della vecchiaia, con un “saper invecchiare” che si sostanzia nell’educazione della persona verso il proprio benessere, permettendole di imparare e applicare strategie utili per affrontare questo periodo della vita. Sarà poi importante saper mantenere le positività che di volta in volta saranno state individuate e messe in atto.

Ricordiamo, a questo proposito, che il Ministero della Salute ha definito la salute come “stato di  benessere fisico, psichico e sociale”: proprio durante la fase dell’invecchiamento, queste tre dimensioni sono particolarmente dipendenti l’una dall’altra e si influenzano a vicenda. È indubbio che un buon orientamento personale e una costante preparazione a quello che avverrà può evitare di  “farci sorprendere”: interverranno deficit motori, rallentamento di movimenti e riflessi, udito e vista modificati, rallentamenti cognitivi, ed è bene saper far fronte a queste negatività.

Ma in cosa consistono i passi da tenere a mente e da affrontare, per realizzare un buon percorso verso un invecchiamento adeguato?

Cicerone, nel “De Senectute”, propone una riflessione su quattro aspetti:

  • conoscere la vecchiaia;
  • prepararsi ad essa;
  • ritardarla;
  • viverla bene.

Di cosa devo essere consapevole? Se conosco qualcosa, posso anche prepararmi ad affrontare la situazione, so cosa accadrà. L’invecchiamento rende inevitabile una trasformazione dell’assetto globale della persona, in quanto facilmente interviene tutta una serie di “perdite” in ogni dimensione dell’esistenza. Se conosco i deficit a cui posso realisticamente andare incontro,  ho la possibilità di mettere in atto strategie per ridurre al minimo il conseguente disagio. È quindi importante non sottovalutare i primi segnali di decadimento, anche leggero: essere consapevoli di una situazione, non negare la sua esistenza, significa prendere in considerazione l’idea di doversi muovere verso qualcosa di risolutivo, o che almeno permetta di intraprendere un percorso diverso, affrontando in modo attivo e consapevole le diverse circostanze della vita e favorendo l’adattamento ai vari bisogni che si presentano.

Normalmente, il livello biologico è il primo ad essere coinvolto; l’invecchiamento esteriore può essere particolarmente evidente, e può concretizzarsi con una diminuzione della forza fisica e della funzionalità degli organi di senso. Questo può avere ripercussioni anche sul vissuto della sessualità.  A livello psicologico di base, possono verificarsi tanti “abbandoni”, non solo legati all’invecchiamento, ma impliciti nello scorrere della vita. Non sempre, le perdite vengono compensate da altrettante “conquiste”. In famiglia può verificarsi la perdita del ruolo di coniuge in caso di vedovanza, o del ruolo genitoriale se i figli hanno una loro vita autonoma. Anche il funzionamento cognitivo può modificarsi, coinvolgendo aspetti rilevanti della percezione, della memoria e del ragionamento.  A livello sociale, spesso l’invecchiamento comporta il pensionamento, con un ritiro massiccio anche dalle abitudini di vita solite e con un diminuito potere economico.

Tutto questo può avere ripercussioni sulla propria serenità. Occorre prepararsi ad affrontare un nuovo assetto fisico e psicologico, con fermezza e con determinazione.

Come posso prepararmi? Allontanarsi da comportamenti molto familiari e diffusi nella nostra società, come la competitività, il confronto e il bisogno di avere, aiuta a vivere una vecchiaia serena e saggia. Ricordiamo che la preparazione alla vecchiaia avviene attraverso:

  • l’allenamento motorio e mentale, ma anche il mantenimento delle buone abitudini. A volte, occorre imparare a fare qualcosa da soli, in autonomia, ma cercando nel contempo di costruire salde reti sociali, aprendosi alla novità e al cambiamento; 
  • la programmazione, in quanto il porsi degli obiettivi a breve termine aiuta a mantenere attiva la mente e, di conseguenza, diventa parte integrante del benessere psicologico; 
  • la creazione di sfide accettabili, che significa individuare qualche progetto non troppo facilmente realizzabile, ma nemmeno troppo difficile da attuare.

In ultimo, diamo spazio e priorità ai nostri bisogni, di base e più evoluti: mangiamo se abbiamo fame, riposiamo se siamo stanchi, ritiriamoci se vogliamo godere dei nostri luoghi privati. Ricordiamo anche  che il credere in qualcosa di spirituale o che trascende l’esistenza quotidiana può contribuire ad arricchire il nostro mondo interiore e a potenziare la progettualità individuale.

Dott.ssa Paola Aslangul

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