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Il futuro dei caregiver e l’emergenza demografica italiana

Il futuro dei caregiver e l’emergenza demografica italiana

Un Paese sempre più vecchio, con un sistema di welfare insufficiente, puntellato con fatica dalle famiglie: è la fotografia dell’Italia che emerge dallo studio “Digitale, locale, integrato. Il futuro del Welfare in un Paese che invecchia” condotto da BCG e Jointly. Quasi un cittadino su quattro ha più di 65 anni (14 milioni in tutto) e la grande maggioranza degli over 75 (l’85%) convive con almeno una malattia cronica. La domanda di assistenza cresce di anno in anno, ma solo il 15% di questa domanda è soddisfatta con le risorse pubbliche. La spesa pubblica per la non autosufficienza in Italia è oggi pari a circa 31 miliardi (1,75% del pil), circa 24 miliardi in meno della media di Francia, Germania e Regno Unito, uno “spread nella protezione sociale” che nel 2065 salirà a 53 miliardi. Sono quindi le famiglie a farsi carico del lavoro di cura e, quando possibile, dei costi. Oggi in Italia i cosiddetti caregiver, cioè le persone che prestano assistenza agli anziani o ai malati, sono oltre 7 milioni: per il 30% si tratta di un vero e proprio secondo lavoro.

Chi ne ha la disponibilità economica ricorre al privato: nel 2021 la spesa di welfare delle famiglie ha raggiunto il valore di 136,6 miliardi, pari al 7,8% del Pil, dove la salute (39 miliardi) e l’assistenza agli anziani (29 miliardi) rappresentano da sole la metà del totale. Gran parte di questa spesa (71%) è sostenuta direttamente dalle famiglie, mentre assicurazioni e corporate welfare ne coprono appena l’1,5% (in particolare, le assicurazioni Malattia e Long Term Care in Italia sono ancora un’eccezione, con una penetrazione sul pil dello 0,2% nel 2020).

I cambiamenti sociodemografici in atto – verso famiglie sempre più mono-nucleo e in età avanzata – insieme alle evoluzioni indotte dalla pandemia – verso lo smart working, le cure da remoto e il digitale – impongono una riflessione urgente sul funzionamento dei sistemi di welfare (pubblico, privato, aziendale), sulla loro integrazione e sull’effettiva adeguatezza e capacità di rispondere ai bisogni degli anziani e dei loro caregiver.

Perché prendersi cura del caregiver

La ricerca congiunta BCG – Jointly ha coinvolto più di 12.000 dipendenti di aziende in diversi settori (telecomunicazione, trasporto, alimentare, energia, credito), con lo scopo di indagare i bisogni dei lavoratori caregiver e immaginare nuove soluzioni che coinvolgano tutti gli stakeholder, dalle aziende, all’amministrazione pubblica, ai provider e agli assicuratori.

La ricerca evidenzia alcuni snodi critici per le famiglie con persone anziane e non autosufficienti. Una situazione complessa che, secondo 8 intervistati su 10, è destinata a peggiorare.

Una fatica economica e psicologica. Il 17% dei caregiver spende più di 10.000 euro l’anno e, in un caso su due, si tratta di spese sostenute personalmente. È del tutto comprensibile quindi, che quasi la metà degli intervistati definisca questa situazione “pesante” o “molto pesante” e desideri (56%) fortemente poter staccare dal lavoro di cura, anche attraverso un sostegno psicologico (44%).

Tutto il peso su due spalle e un portafoglio. Dallo studio emerge che la copertura del fabbisogno – finanziario e di servizi – da parte del Pubblico non è sufficiente, ma la copertura privata – sia essa assicurativa o nella forma di welfare aziendale – è infinitesimale, arrivando a coprire poco più dell’1% della spesa sostenuta.

In termini di servizi, la maggioranza dei caregiver è costretta a fare da sé (38%) o a comprare dal privato (33%), sempre che se lo possa permettere. Il settore pubblico viene scelto mediamente solo dal 25% dei caregiver, a causa della lentezza dell’erogazione, le complessità burocratiche e la mancanza di risorse. Gli erogatori privati colmano solo parzialmente questo gap. Trattandosi principalmente di aziende o di operatori specializzati, il costo è raramente in linea con le possibilità di spesa e li rende inaccessibili a 6 su 10. A fronte della barriera economica, l’offerta resta poco soddisfacente, soprattutto in termini di chiarezza e navigabilità. Queste limitazioni fanno sì che solo un terzo degli intervistati si rivolga abitualmente a servizi privati.

Una fatica “invisibile” in ufficio. L’ambiente di lavoro è percepito spesso come un limite: più di un caregiver su tre (38%) teme che parlare del proprio ruolo possa compromettere in qualche modo la propria carriera e uno su quattro (23%) afferma di non aver ricevuto particolare supporto, dopo aver condiviso la propria situazione.

Il welfare aziendale, adottato da molte aziende, è sfruttato a pieno solo dal 3% degli intervistati, nonostante la possibilità teorica di accedere a un ampio portafoglio di servizi. Il problema è sia comunicativo (la metà degli intervistati afferma di non conoscere l’offerta) sia di contenuto (servizi non in linea con i propri interessi/non di effettivo aiuto).

Due sono i fattori che emergono come prioritari per i caregiver intervistati: la gestione del tempo e l’aspetto finanziario, che sono considerati “rilevanti” o “molto rilevanti” rispettivamente dal 72% e 64% del campione.

Un nuovo paradigma: digitale, locale, integrato

Dall’analisi condotta da BCG e Jointly emerge il quadro di un mercato frammentato che sconta anche una domanda immatura. In questo scenario complesso è necessario definire un nuovo paradigma di lungo termine in cui identificare nuove sinergie sfruttando l’evoluzione digitale e di servizio degli ultimi due anni, e nuove forme di finanziamento.

In termini di servizio aumenta l’interesse nei confronti delle soluzioni di senior housing: in Italia c’è ancora spazio per lo sviluppo di un modello con forte integrazione digitale, in cui l’accompagnamento alla vita quotidiana prevale sull’aspetto puramente medicale e assistenziale. A domicilio l’attenzione si sposta, invece, sui servizi non medicali. Se da un lato si registra una flessione prevista nella domanda di assistenza domiciliare e in quella sanitaria (es.ausili medicali, infermieri, ecc.), dall’altro si prevede un aumento del 18% nella domanda di proposte non cliniche: consegna di pasti, compagnia, trasporto, calendari interattivi, video consulti.

La tecnologia è parte sempre più integrante delle nostre vite e può rappresentare la risposta ai bisogni dei caregiver e dei loro assistiti. Modelli di servizio innovativi si uniscono ad app, intelligenza artificiale, smart home per indirizzare in modo sempre più innovativo e personalizzabile i bisogni di una popolazione che invecchia.

Il Covid ha accelerato il ricorso alla tecnologia, prima per i teleconsulti nella fase di lockdown e poi espandendosi anche alla tele-riabilitazione. La sfida sarà capire come sviluppare strumenti che stimolino il ricorso abituale a questi servizi anche nel lungo periodo.

In termini di sostenibilità, le nuove soluzioni proposte – dal senior housing all’assistenza a domicilio – beneficerebbero senz’altro di una regia istituzionale e di una collaborazione con le aziende assicurative e quelle di welfare, tanto per la parte di co-progettazione e diffusione quanto per il finanziamento vero e proprio.

«Il welfare aziendale – ha commentato Anna Zattoni, presidente di Jointly – può avere un impatto importante sul benessere delle famiglie e sulla sostenibilità del sistema socio-assistenziale nel nostro Paese. Ed è pronto a fare la sua parte, lavorando in sinergia con il settore assicurativo e con la pubblica amministrazione».

«È dovere di tutti – dalla politica alle compagnie assicurative, passando per le società di corporate welfare e assistenza agli anziani – individuare soluzioni ai bisogni crescenti legati alla non autosufficienza. Il Pnrr offre una finestra per agire facendo leva sul digitale all’interno di nuovi modelli di servizio sempre più locali e integrati. Le opzioni sono molteplici: qualunque sia il disegno adottato, è certo che la strada della partnership tra attore pubblico e operatori privati può aprire una nuova stagione e costituire una soluzione pragmatica a fronte di fonti di finanziamento pubbliche limitate», ha aggiunto Alessandra Catozzella, partner di BCG.

Il digitale è quindi il fil rouge che può agire come fattore abilitante, nell’affrontare una complessa equazione che richiede l’equilibrio tra tre attori molto diversi.

Che sia tramite la facilitazione di modelli lavorativi flessibili per i caregiver, o tramite l’erogazione di servizi innovativi da remoto per gli anziani – o ancora attraverso la raccolta di dati sempre più accurati per migliorare la prevenzione, la tecnologia offre possibilità illimitate per lo sviluppo di soluzioni innovative e sostenibili in termini di demografia e sviluppo socio-economico del Paese.

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