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Coinquilini cercasi: il cohousing over 65

Coinquilini cercasi: il cohousing over 65

Avreste mai pensato possibile l’idea di trovarvi dei coinquilini dopo la pensione? Solitamente queste cose le fanno i giovani universitari in trasferta, i lavoratori che si sono appena trasferiti in un’altra città o Stato e hanno bisogno di tempo per sistemarsi economicamente, non certo chi, dopo una vita di lavoro, se ne va finalmente in pensione.

Invece questa nuova idea del cohousing, anche se può sembrare strampalata e all’inizio non piacere, sembra avere molti lati positivi ed essere anche piuttosto apprezzata, specialmente in una città come Genova, dove gli over 65 rappresentano una percentuale importante della popolazione.

In pratica in cosa consiste il cohousing? Questa nuova forma di convivenza –in inglese sarebbe letteralmente coabitare- vede protagonisti pensionati o disoccupati che dividono lo stesso tetto mantenendo la propria indipendenza.

Questo modello non è nuovo, ma già da tempo diffuso nel Nord Europa, per definizione uno dei posti più civili e sereni del mondo e quindi un esempio affidabile.

Per dar vita al cohousing a Genova si è messa d’impegno anche un’apposita associazione, che ha già raccolto un centinaio di persone e le ha spinte a partecipare ai due progetti attualmente in ballo: uno destinato al sociale e l’altro con finalità agricole e professionali, unite al recupero di terreni agricoli abbandonati.

I privati potranno in questo modo “condividere spazi e servizi, riducendo i costi i migliorando la qualità della vita”, spiega Elisa Liddonici, assistente sociale impegnata nel gruppo Genova Cohousing al fianco di architetti, avvocati e studenti. Con “sale letture, cucine e lavanderie condivise in uno stesso stabile, ma anche servizi che vanno dalla badante di condominio alla fisioterapia o attività mirate per evitare il ricovero garantendo assistenza a domicilio ai malati ancora attivi”. Un gruppo di over 65 vorrebbe già unirsi in questa forma di convivenza, ma momentaneamente il progetto è riservato a chi si trova in una situazione di fragilità, come genitori anziani o figli disabili.

Per passare dalla teoria alla pratica, l’associazione ha trovato una proprietà di demanio pubblico, recuperabile con i fondi europei, mentre la Regione Liguria si sta occupando dell’organizzazione di giornate di formazione in tema cohousing.

Lieto dell’iniziativa anche il direttore del Sert di Genova, Giorgio Schiappacasse, “Convivere, aiutarsi a vicenda dividendo le spese, fa riscoprire una dimensione di comunità, quella che oggi si è persa” e che spesso è causa poi di dipendenze patologiche di qualsiasi tipo, dall’abuso di alcol a quello del gioco o del fumo.

La verità è che il bello è del cohousing è che si può realizzare anche senza necessariamente aspettare le istituzioni o altre associazioni. Basta trovare gente disposta a dividere le spese, un appartamento sufficientemente grosso da lasciare privati gli spazi per la notte ed ecco che si può decidere, quando si è rimasti soli, ma perché no, anche in coppia, di dar vita a nuove forme di convivenza. Una strategia win-win, come si dice nel marketing, che permette a tutti di uscirne vincitori e che sgravi anche dai figli l’ansia di lasciare da solo un genitore anziano e non più autosufficiente.

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