Anziani solo dopo i 75 anni. La “rivoluzione” dell’età, introducendo un concetto che meglio si adatti allo stile di vita moderno e all’attuale situazione demografica della popolazione italiana (e in generale nei Paesi ad alto sviluppo economico) è stata lanciata durante il 63esimo Congresso Nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg), che si è chiuso a Roma pochi giorni fa (clicca qui per saperne di più).
Secondo le definizioni attualmente adottate in modo ufficiale, si considera anziana una persona che abbia compiuto il 65esimo anno di età. Nel corso degli anni, grazie anche all’allungamento medio della speranza di vita alla nascita (in Italia 85 anni per le donne e 82 per gli uomini) è stata creata una nuova categoria di anzianità: le persone con più di 65 anni vengono divise tra chi appartiene, secondo la definizione dello storico Laslett del 1989, alla terza età (condizionata da buone condizioni di salute, inserimento sociale e disponibilità di risorse) e alla quarta età (caratterizzata da dipendenza da altri e decadimento fisico).
Un’altra metodologia oggi utilizzata per parlare delle diverse fasi dell’anzianità è stata la suddivisione in quattro sottogruppi, “giovani anziani” (persone tra i 64 e i 74 anni), anziani (75-84 anni), “grandi vecchi” (85-99 anni) e centenari.
La proposta che arriva dalla Sigg è quella di aggiornare il concetto di anzianità, portando a 75 anni l’età ideale per definire una persona come anziana.
Come ha affermato durante il congresso Niccolò Marchionni, professore ordinario presso l’Università di Firenze e direttore del dipartimento cardiovascolare dell’ospedale Careggi, «un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa e un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980. Oggi alziamo l’asticella dell’età a una soglia adattata alle attuali aspettative nei paesi con sviluppo avanzato. I dati demografici dicono che in Italia l’aspettativa di vita è aumentata di circa 20 anni rispetto alla prima decade del Novecento. Non solo, larga parte della popolazione tra i 60 e i 75 anni è in ottima forma e priva di malattie per l’effetto ritardato dello sviluppo di malattie e dell’età di morte».
In una società italiana sempre più anziana ma, anche longeva, questa proposta può sembrare, ai più maligni e disillusi, un appoggio utile per aumentare in futuro anche gli anni anagrafici necessari utili per accedere alla pensione. Al momento questo aspetto sembra ancora essere lontano e non previsto nelle discussioni proposte dal Sigg, anche se questa nuova possibile definizione rivoluzione sociologicamente e culturalmente i concetti di anzianità e invecchiamento attivo.