Anche tra gli over 75 sono sempre più in voga bracciali smart e orologi digitali intelligenti per tenere sempre sotto controllo, talvolta senza una reale necessità, pressione e ritmo cardiaco. Certo, la pandemia ha cambiato le persone, rendendole spesso più ansiose e preoccupate, ma spesso questo controllo ossessivo dei propri parametri vitali può causare disturbi d’ansia o, peggio ancora, diagnosi sbagliate. A mettere in guardia dai rischi derivanti da questa “ipocondria digitale”, sono gli esperti della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica, che sottolineano come sotto la spinta dell’emergenza Covid si sia passati dalla consultazione compulsiva di Google all’automisurazione di tutti i parametri corporei.
Tutte le tecnologie digitali, a partire dagli smartphone, possono rappresentare un volano per la prevenzione cardiovascolare e lo conferma il boom delle vendite di apparecchi per il monitoraggio della funzione cardiaca: «Dai braccialetti elettronici alle App, agli smartwatch per la trasmissione dell’elettrocardiogramma – dichiara Alessandro Boccanelli, presidente della Sicge – Nell’anno della pandemia in Italia la spesa per questi strumenti ha toccato mezzo milione di euro con una spesa pro capite di circa 40 euro. È giunto il tempo di lavorare su un percorso di cura che inizia dall’interazione del paziente da remoto. Ma non bisogna confondere l’automonitoraggio con la diagnosi che deve essere sempre eseguita dal medico, indipendentemente dal dato tecnico che non si può sostituire all’operatore sanitario. Invece c’è la convinzione che usandoli si possa scavalcare il professionista sanitario che deve sempre suggerire il loro utilizzo, altrimenti il rischio è di far sentire tutti un po’ malati. Ciò vale soprattutto per gli anziani che vivono a casa, vittime spesso inconsapevoli di un ossessivo controllo “fai da te”, e più esposti al rischio di un eccesso di medicalizzazione e di sofferenza e inquietudini crescenti».
«Non è infrequente, per esempio, che l’apparecchio per la pressione invii un messaggio di allerta di una presunta fibrillazione atriale, ma se il paziente non è a rischio non deve preoccuparsi. Bisogna dunque parlare con il proprio medico utilizzando sempre l’operatore sanitario come filtro, capire se si è una persona a rischio, se è opportuno utilizzare la tecnologia digitale e condividere i dati», precisa Boccanelli.
In questi anni l’emergenza Covid ha dato una spinta rilevante e messo in luce il ruolo chiave della tecnologia digitale, soprattutto applicata alla cardiologia. «Il monitoraggio continuo dei parametri vitali e la raccolta dei relativi dati che in questi mesi di isolamento e distanziamento hanno subito un’impennata, hanno però sconvolto l’equilibro del rapporto tra medico e paziente, soprattutto per gli anziani. La riprogettazione dell’assistenza sanitaria deve tenere conto delle opportunità che la rivoluzione digitale offre, ma in questo contesto la gestione della diagnosi e della cura deve essere affidata al medico e non al cittadino che rischia di sentirsi malato e ipermedicalizzarsi», conclude l’esperto.